La penna degli Altri 02/02/2015 09:53
Iturbe, lungo stop. La Roma è sempre più malata
CORSERA (L. VALDISERRI) - Secondo uno degli intramontabili luoghi comuni del pallone, ieri la Roma è stata «tenuta a rapporto» da Rudi Garcia. Il faccia a faccia tra allenatore e squadra dopo una sconfitta o una prestazione particolarmente sconfortante è come i pantaloni con le pinces: prima o poi tornano di moda. Sempre senza distaccarsi dalla tradizione filtra da Trigoria una frase che l’allenatore francese avrebbe ripetuto al gruppo: «Dovete dare di più». Difficile pensare il contrario - cioè dare di meno - visto che la Roma è in ritardo di 7 punti rispetto allo scorso campionato, ha segnato 11 gol in meno e ne ha subiti 5 in più. Quello che stride maggiormente è il cammino casalingo della squadra.
Nella stagione scorsa l’Olimpico era un fattore importantissimo. Alla 21esima giornata lo stadio di casa aveva portato 9 vittorie, 2 pareggi, 27 gol fatti e soltanto 2 subiti. In questa stagione siamo a 7 vittorie (le prime 7 gare), 4 pareggi (consecutivi), 23 gol fatti e ben 7 subiti. La «pareggite» ha colpito soprattutto all’Olimpico. L’«ambiente romano», che è un altro dei grandi classici del pallone, ha identificato i problemi principali in tre grandi temi, riconducibili a tre capri espiatori: 1) la preparazione atletica sbagliata, cioè Paolo Rongoni; 2) la mancanza di personalità, cioè Miralem Pjanic; 3) la confusione, cioè Rudi Garcia. Gli infortuni muscolari sono stati sicuramente troppi (ma l’ultimo, quello di Iturbe, un trauma distorsivo al ginocchio destro con lesione al legamento collaterale esterno e una distorsione alla caviglia destra con interessamento capsulolegamentoso, almeno 45 giorni di stop, è una specie di record mondiale della sfortuna); Pjanic non ha brillato; Garcia ha commesso i suoi errori. Detto questo, almeno per chi scrive, il problema della Roma non è la poca corsa, ma il ritmo «monotono », da maratona e non da gara di mezzofondo. Non è un caso che la squadra soffra terribilmente i primi tempi, quando gli avversari tengono ritmi molto alti, e migliori nella ripresa, quando la tecnica ha la meglio sull’agonismo.Allo stesso modo Pjanic è un «termometro»: quando i compagni si smarcano e giocano un calcio dinamico, lui li assiste con continuità (vedi il gol di Maicon, nato da una percussione di Ljajic). Se la squadra è statica, Pjanic è il primo a soffrirne.
Quanto a Garcia è passato in un mese da condottiero (il 6 gennaio la Roma era a meno uno dalla Juve) ad apprendista stregone o, peggio, a ciarlatano. Il calcio è fatto di risultati, ma essere secondi in classifica non è mai stata una vergogna. I grandi problemi della Roma, semmai, sono due: 1) la perdita della coppia centrale Benatia-Castan. Frutto di sola sfortuna per il brasiliano, ma di sbagliata valutazione su quanto fosse leader il franco-marocchino; 2) l’impossibilità, per qualche errore di Garcia ma soprattutto per la serie infinita di infortuni, di giocare come un anno fa «in 14» . Quasi tutte le sostituzioni di Garcia avvengono per necessità e non per scelta tattica.