La penna degli Altri 09/12/2014 08:45
Tre giorni di fuoco: la svolta è adesso
GASPORT (P. CONDO') - Per il calcio italiano questi sono i tre giorni più importanti dal Mondiale in qua, perché decidono quantità e qualità delle squadre promosse al 2015 delle coppe, e come sappiamo chi non scollina nell’anno nuovo certifica la pochezza del proprio valore. L’Europa League andrà in campo giovedì con un pathos fortunatamente limitato: Fiorentina, Inter e Napoli sono già qualificate e il Torino ha discrete chance di aggiungersi, completando il poker. Oggi e domani schiuma ben altra adrenalina dalla Champions, dove non siamo sicuri di nulla ma (quasi) tutto è ancora possibile: la Juve può perfino vincere il girone – occhio, è molto difficile –, la Roma ha come obiettivo massimo il secondo posto, ma nel grupo de la muerte avrebbe un significato forte. Insomma, possiamo portare a febbraio la bellezza di sei squadre, un’epifania irraggiungibile dal 2009 (allora furono sette). Farebbe bene al ranking e all’immagine, ma questo ve lo raccontiamo ogni volta; oggi cambiamo fuoco, il momento impone una certa solennità.
AH, IL 2006... Tutti in piedi e inno di Mameli a palla mentre scorrono nella memoria le immagini dell’Italia mondiale 2006. Otto anni fa, mica un’era geologica; ma se sbirciate il curriculum di quegli azzurri, i dati che trovate suonano incredibili. Nella formazione di Berlino c’erano cinque giocatori in campo nella finale di Champions League 2003: Pirlo e Gattuso che l’avevano vinta col Milan, Buffon, Zambrotta e Camoranesi (più il subentrato Del Piero, già campione nel 1996) che l’avevano persa con la Juve. Oltre a diverse altre campagne di Champions, Buffon e Cannavaro avevano vinto la Coppa Uefa 1999 col Parma, mentre Materazzi aveva fatto la semifinale Champions con l’Inter e il trio Totti-Perrotta-De Rossi (subentrato) contava sulle discrete esperienze con la Roma.
LO SCOGLIO QUARTI Passate ora alla Nazionale che lo scorso giugno ha perso con l’Uruguay uscendo subito dal Mondiale: a parte i campioni del mondo – peraltro invecchiati di otto anni – nessuno aveva all’attivo una semifinale di Champions: Chiellini, Marchisio e Verratti erano arrivati al massimo ai quarti di finale. E chi della Celeste ha segnato il gol-qualificazione? Diego Godin, lo stopper che meno di un mese prima aveva realizzato la rete che stava per dare la Champions all’Atletico Madrid.
FIATO SOSPESO Al di là del fatto che nel tempo molti club si sono svuotati di italiani – nell’Inter del triplete l’unico titolare eleggibile in azzurro era l’oriundo Thiago Motta – esiste un rapporto ovvio fra rendimento delle squadre e comportamento della Nazionale, come del resto confermano i recenti cicli dei binomi Spagna/Barcellona o Germania/Bayern: più i giocatori sono rodati agli alti livelli delle coppe, meglio è per i commissari tecnici, ed è anche per questo che il nostro sistema-calcio, a partire da Antonio Conte che deve rifornirsi massicciamente in club di seconda fila (tredici dei suoi ultimi ventidue convocati, quelli di Italia-Croazia, non giocano le coppe), vivrà questi tre giorni col fiato sospeso e stringendo i pugni.
FACCIA FEROCE Occorre sfidare Ronaldo e Messi senza la rete di protezione del girone, ma in un turno a eliminazione diretta, per sviluppare le conoscenze e il carattere necessari a sopravvivere là fuori, nell’arena aperta agli esseri più letali, così distante dal confortevole campionato italiano, dove trovi sempre un arbitro che interrompa il gioco per una sciocchezza prima che il ritmo si faccia troppo incalzante. Juventus e Roma hanno davanti a loro l’ultima missione per finire il primo livello: assetto da gara, faccia feroce, e ora aprite pure le porte dello spogliatoio.