La penna degli Altri 19/12/2014 08:59
Il Milan di Mexes, dall’armadietto alla «sua» Roma
GASPORT (M. PASOTTO) - Diciamo che con il cappottone rosso e la barba da Babbo Natale, mentre fa gli auguri in francese ai tifosi in tv da Milanello, risulta abbastanza improbabile. Il fatto è che fino a un mese e mezzo fa Philippe Mexes lo era evidentemente anche con i consueti abiti corti da lavoro: zero minuti, mille domande. Poi in difesa è calato una sorta di giudizio universale: fuori tutti, o quasi, fra squalifiche e infortuni, e così la salma è stata riesumata. Con grande successo. «Sono uscito dall’armadietto», ci ha riso su lui.
BASTA UN MINUTO A volte ritornano, e lo fanno bene. Se il campionato si concluderà con qualcosa di importante, a fine stagione Mexes rimarrà la storia più particolare e l’emblema migliore di quanto Galliani ha ripetuto anche domenica: «Il calcio è uno sport bellissimo perché può cambiare tutto in un minuto». Vero, ma succede nel bene come nel male: perché Philippe arrivava da un discreto retroterra di titolarità e questa estate negli Usa ci raccontava di sentirsi fra i primi undici. Invece è calato il buio. Una squalifica, cinque tribune e quattro panchine: questo è stato il Mexes delle prime dieci partite. Roba da far crollare un toro. Philippe invece è rimasto in piedi e ha continuato ad allenarsi con la testa giusta (senza mai lamentarsi: le sue ragioni le ha poi esposte – bruscamente – a fine novembre). Ecco perché quando Inzaghi è stato praticamente costretto a farlo giocare a Genova con la Samp, nonostante la lunghissima assenza dal campo è andato in scena un giocatore perfettamente a proprio agio. E così non è più uscito.
RIECCO LA CAPITALE Domani sarà la sesta di fila da titolare, e sarà speciale. Sia perché Philippe raggiunge le 250 presenze in A, sia perché tornare all’Olimpico e ritrovare la Roma ha sempre un sapore particolare. Il francese ha vissuto nella capitale sette stagioni, vincendo due Coppe Italia e una Supercoppa di Lega, e diventando un personaggio amato dalla piazza. Alti e bassi anche là, comunque, perché il suo dono migliore non è mai stato la continuità. Grande amico di De Rossi e buon amico anche di Totti (un giorno è Philippe a organizzare in ritiro una pizzata a casa del capitano, reduce da un intervento), era arrivato a Roma dall’Auxerre – voluto da Baldini – con un trasferimento ingarbugliato, che alla Roma era costato pure il blocco del mercato deciso dal Tas. In campo, comunque, Philippe se l’è cavata bene, soprattutto in coppia con Chivu. Fuori invece ha vissuto anche momenti drammatici, come quando gli hanno rubato l’auto con dentro la figlia di un anno: venti minuti dopo la vettura fu ritrovata, con la piccola Eva addormentata, che non si era accorta di nulla. Ha lasciato la capitale nel 2011 a parametro zero e al Milan, anche qui fra alti e bassi, ha messo insieme 66 presenze in tre campionati e mezzo. La prova del nove arriverà quando l’infermeria restituirà alla difesa tutti gli effettivi (domani Alex rifarà capolino in panchina). Ma a quel punto Philippe potrebbe già aver messo la freccia ed essersi piazzato definitivamente in corsia di sorpasso.