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La penna degli Altri 03/12/2014 09:32

I bambini ci guardano e purtroppo ci imitano

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GASPORT (L. DI BARTOLOMEI) - «È sbagliato e controproducente imporre ai bambini allenamenti sportivi in una sola disciplina per spingerli a primeggiare». Così Jayanthi Neeru, direttore medico di medicina dello sport di base alla Loyola University Health System di Chicago. «Penso che sia abbastanza chiaro che sia sul versante psichico che su quello fisico questo è un modello di sviluppo terribile». I bambini che si dedicano ad un unico sport troppo presto e troppo intensamente sono maggiormente soggetti nel lungo periodo a sviluppare infortuni e rifiutare la pratica sportiva. La specializzazione in un singolo sport, infatti, dovrebbe iniziare solo intorno all’età della pubertà, quando il corpo e la mente di un ragazzo sono abbastanza sviluppati per gestire lo stress fisico e mentale. Martedì passato leggendo i risultati di questo studio condotto su 1200 ragazzi fra i 6 e i 18 anni mi è tornato in mente il «Manuale» di Ago. Vi ho scoperto tantissime cose che da genitore mi verranno utili per valutare gli allenatori di mio figlio Andrea (ma anche i genitori dei suoi futuri compagni di squadra). Ho scopeto ad esempio che nel periodo che va dai 6 ai 9 anni per la preparazione dei ragazzi bisognerà concentrarsi su esercizi per il miglioramento della velocità (coordinazione, reattività e precisione) e sulla psicocinetica, forse più sulla tecnica calcistica (comunque indispensabile ad ogni età). A questa età infatti il sistema nervoso centrale è nel massimo sviluppo, quindi, ogni allenamento dovrà contenere esercitazioni che non dovranno essere eseguite meccanicamente bensì capite ed interpretate. Fondamentale poi risulterà il modo di porsi dell’allenatore rispetto ai giocatori: il mister infatti dovrà proporre (e non ordinare) poche consegne ben definite per portare l’attenzione dei bimbi su particolari molto precisi. Importantissimo: evitare situazioni ad alto grado emozionale che potrebbero provocare in alcuni soggetti reazioni che andranno dalla «goffaggine» (imprecisione di risposta), alla «fuga» (ossia il rifiuto di misurarsi). Lasciamo i bambini liberi di fare sport senza le ossessioni tipiche degli adulti e senza riversare su di loro nostre ambizioni frustrate. Pretendiamo istruttori preparati, competenti nelle materie di loro insegnamento e che ricordino sempre di essere innanzitutto degli educatori. Ma più di tutto ricordiamoci che l’educazione ed il rispetto i bambini li imparano dai genitori: per questo prodursi attorno al campo in urla, parolacce o peggio ancora in risse come capitato nel lodigiano (ma è un discorso che vale per moltissimi dei campi che io stesso visito) è intollerabile. Perché i bambini ci guardano sempre e troppo spesso ci imitano.

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