Burdisso, Genoa-Roma è terza contro seconda. Come è possibile?
«E’ possibile perché qui si lavora bene. Abbiamo una squadra di qualità e di prospettiva. E’ una sorpresa, forse. Ma non è un caso».
Resisterete fino al termine della stagione?
«Sarebbe stupido fissare adesso un obiettivo. Pensiamo a crescere. Cominceremo a fare i conti ad aprile. Di sicuro questo gruppo ha una risorsa».
Quale?
«Cambia uomini in ogni partita ma riesce a mantenere lo stesso rendimento. Significa che la rosa è molto valida, Gasperini sa gestire il gruppo e l’ambiente è compatto».
Tra i compagni chi l’ha impressionata di più?
«Antonelli. E’ un giocatore da grande squadra. Si parla tanto di Perotti, Matri, Pinilla, perché magari hanno i colpi che risolvono le partite. Ma Antonelli è l’anima del Genoa».
E considerando i giovani?
«Perin. Come dite voi in Italia, è un predestina0to. Perché non è solo un bravo professionista e un ragazzo simpatico. E’ anche un vincente. Lavora e non si accontenta mai».
Perin piace a tante società, a cominciare dalla Roma.
«Ne abbiamo parlato, ovviamente. Ha delle possibilità importanti ma vi assicuro che in questo momento la sua testa è concentrata sul Genoa».
Lo consiglia ai suoi ex dirigenti?
«Certo. Ma a Trigoria già ci sono due ottimi portieri. De Sanctis lo ha già dimostrato, Skorupski lo farà presto. Il problema di Roma è che non devi sentire il peso della maglia che porti, a causa delle pressioni della piazza. Perin al Genoa si sente a casa sua».
Prima nominava Perotti. Cosa rappresenta per il Genoa?
«Ah beh, Diego è quello che guida sul campo. E’ il nostro Totti. E’ stato bravo il Genoa a credere in lui e a recuperarlo dopo l’esperienza al Siviglia».
In questo quadro cosa aggiunge Burdisso?
«Posso dare tanto, tantissimo. E’ per questo che sono venuto qui. Non sono uno che si accontenta».
Alla Roma si sarebbe accontentato?
«Alla Roma, quando sono andato via, c’erano Benatia e Castan e io non trovavo spazio. A proposito, fatemi fare gli auguri a Leo Castan che sta passando un periodo difficile. Dicevo: io non sto bene comodo in panchina a giocare 15 partite all’anno. E allora ho deciso di provare l’esperienza al Genoa. L’ho voluta».
E l’ha continuata.
«Già. Dopo i primi sei mesi in cui ho incontrato qualche difficoltà ho deciso di rimanere fino al 2015. Avevo bisogno di dimostrare a me stesso che l’infortunio al ginocchio di tre anni fa era davvero superato».
Ha avuto problemi con qualcuno a Roma?
«Nessuno. Né con l’allenatore Garcia, che è molto capace, né con i dirigenti che stanno facendo tutti un ottimo lavoro: sono persone in gamba, preparate».
Ha visto la partita contro il Manchester City?
«Ovviamente. Sono molto dispiaciuto perché so come ci si sente dopo serate così e perché tengo alla Roma. Purtroppo credo sia cambiato qualcosa nella squadra dopo il 7-1 incassato dal Bayern».
Sarebbe servito un personaggio di carattere come Burdisso per affrontare i momenti difficili?
«Nella Roma c’è tanta gente di personalità. Penso a uno come Keita, per esempio. Forse sarei stato utile per spiegare ai nuovi cosa rappresenti quella maglia per l’ambiente. Non solo io ma anche Taddei o Perrotta, per esempio. Avremmo trasmesso sicurezza».
Oggi come oggi il Genoa può battere la Roma?
«Beh se abbiamo battuto la Juventus, il Milan, la Lazio, penso che possiamo giocarcela anche con la Roma».
Il meglio significa scudetto?
«Le possibilità ci sono, osservando la qualità della rosa. Si avverte il bisogno a Roma di vincere uno scudetto, anche per capire che i sacrifici portano a qualche risultato. Ma ripeto, spero che non accada contro di noi».
Domanda inevitabile: se segna che fa, esulta?
«Rispondo con sincerità. Non lo so. Lascio fare all’istinto, è meglio. Non voglio mancare di rispetto a nessuno».
Un gol già le è stato tolto, a Cesena.
«Strano vero? A Osvaldo per un tiro simile hanno assegnato il gol, il mio invece è stato considerato autorete. Ma non fa niente, l’importante è che il Genoa abbia vinto».
Nella sua nuova casa ha conosciuto il quarto derby della carriera.
«Già. Ed è stato quello che mi sono goduto di più. C’è una bella atmosfera a Genova, tante famiglie allo stadio, un prendersi in giro sano. Non vedo la rabbia che c’è altrove, solo la voglia di vincere».
Parliamo degli altri allora: Buenos Aires.
«Unico al mondo. Un’esperienza da vivere almeno una volta nella vita se giochi a calcio».
Milano.
«Uno spettacolo del calcio. Ok, magari adesso un po’ di meno...».
Roma.
«Una follia. Un campionato dentro al campionato. Attesa e tensione incredibili».
Le manca Roma?
«No, qui sto bene. E poi vediamo, magari un giorno potrei tornare».