LA REPUBBLICA (M. PINCI) - Qualcuno ha dormito poco, altri hanno sfogato rabbia e delusione con scatti di nervi a caldo, già nel ventre dell’Olimpico gelato. Il Bayern è volato via, ma le sette ferite scolpite da Robben e Mueller, Goetze e Ribery sul corpo martoriato della Roma continuano a bruciare. Infiammando l’aria dello spogliatoio romanista immediatamente dopo il fischio finale dell’arbitro Eriksson. In pubblico Garcia ha da poco recitato il ruolo del condottiero inflessibile, assumendosi la responsabilità esclusiva della figuraccia. Ma non può essere lo stesso, solo davanti alla sua squadra: voce alta, parole scandite con forza, quasi a inchiodarle al muro della stanza insieme ai calciatori. Rimproveri per tutti: per non aver saputo aspettare il Bayern dopo aver subito il primo gol, per aver abbassato la pressione sui centrocampisti, per aver mollato quando mancava una vita. Aveva provato nell’intervallo a raddrizzarla: a Totti, che prima del match era stato a tanto così dal farsi da parte per la febbre, il tecnico aveva chiesto di stringere i denti. Salvo decidere di preservarlo dopo 45 minuti di sofferenza. Risparmiando la seconda parte anche a Cole.
Alla fine tanti, oltre all’allenatore, urlano la loro delusione:
momenti di tensione, strilli, pugni agli armadietti: sotto accusa gli attaccanti, Iturbe e Gervinho, per non essersi sacrificati abbastanza nell’aiutare i compagni in balia di Robben e compagni. Nainggolan il più inquieto, al punto da prendersela con i compagni, rimproverando a tutti — e a se stesso — la scarsa tensione in quella mezz’ora da incubo del primo tempo. La tensione mentale, per la verità, non torna neanche a fine serata, quando davanti alla porta dello stanzino romanista qualcuno del gruppo si regala momenti di nostalgia.
Abbracci e scherzi con Benatia, un buffetto, una battuta sui sette gol, un «ci manchi» lasciato cadere qua e là: inevitabile, per l’esito della partita e per come il marocchino aveva salutato, tra propositi di fuga e qualche bugia, che tutta quella voglia di ridere piaccia poco a compagni. E che ai nostalgici venga fatto rumorosamente notare.
Per non disperdere la carica nervosa dell’1-7 subito, ieri
Rudi Garcia si presenta all’alba a Trigoria, senza aver quasi chiuso occhio,
per rivedere la gara con il ds Sabatini. E capire cosa sia successo alla squadra, implosa davanti a sua maestà Pep Guardiola, cercando di decifrare i perché di una sconfitta tanto rumorosa. Non esattamente più sereno, comunque, il day after di Trigoria: serve in qualche forma voltare pagina, lo sa anche Garcia. «È vero, fa male, ma abbiamo già rialzato la testa», dice alla squadra, ricordando poi che «da oggi il primo obiettivo torna a essere il campionato, un campionato da vincere». Il francese insiste, si fa severo, spiega che ogni singolo errore verrà vivisezionato, analizzato al video, per capire come fare per non ripeterli. A partire da sabato, in casa della Samp, per un perfido gioco del destino stesso avversario di 7 anni fa, dopo il 7-1 di Manchester. Concetti ribaditi su twitter: «Possiamo qualificarci ». Dello stesso tenore, sostanzialmente, il messaggio del
presidente Pallotta, inviato dagli States all’ora di pranzo e veicolato dal dg Baldissoni: «Sono incidenti di percorso sulla strada che porta alla gloria». Da ieri, la Roma sa quanto quella strada possa essere pericolosa.
Palazzi ha archiviato il procedimento per le frasi di Totti su Juve-Roma: gli atti alla Superprocura del Coni.