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La penna degli Altri 08/10/2014 09:39

"Ho sparato per paura"

Scontri Coppa

IL TEMPO (V. IMPERITURA) - «Mi hanno assalito, ho avuto paura e ho sparato»: comincia a cedere il muro di reticenze alzato da Danielino all'indomani degli scontri violentissimi che, a due passi dallo stadio Olimpico, lasciarono sull'asfalto il corpo esamine di Ciro Esposito. Dopo essersi dichiarato innocente nei giorni immediatamente successivi alla sparatoria, lunedì ha inviato un fax ai sostituti procuratori Antonino Di Maio e Eugenio Albamonte nel quale ha presentato una vaga ricostruzione di quanto accadde il 3 maggio scorso davanti al circolo Ciak Village. Poche parole - venute fuori comunque dopo l’esame in aula delle perizie effettuate dai carabinieri del Racis - con cui l’ex ultras giallorosso si assume, per la prima volta, la responsabilità degli spari esplosi. Una versione che, sostengono gli inquirenti, «non aggiunge e non toglie nulla al quadro probatorio che stiamo sostenendo dal primo giorno: fu a sparare e lo stesso fu poi vittima della reazione dei tifosi partenopei» che sfilavano su Tor di Quinto per raggiungere il teatro della finale di coppa Italia tra il e la .

Nelle due paginette vergate a mano da (indagato con l’accusa di omicidio volontario) l’ex ultras giallorosso passato alle cronache per avere contribuito a interrompere un derby tra Roma e Lazio nel 2004, si dice estremamente preoccupato delle sue condizioni fisiche - il 48 enne rischia infatti di perdere una gamba a causa del pestaggio subito dopo l’esplosione degli spari e, da pochi giorni, è stato vittima di un’ischemia - e non ancora pronto a sostenere l’interrogatorio degli inquirenti previsto per venerdì. L’interrogatorio si svolgerà comunque e sarà lo stesso a decidere se avvalersi o meno della facoltà di non rispondere: ipotesi tutt'altro che remota e che comunque sarà messa a verbale. Nel memoriale poi «Danielino» ha scritto di non essere il mostro descritto dai giornali e che giudica comunque positivo il fatto che «i fatti stanno emergendo». Lo sparatore si riferisce probabilmente al fatto che secondo la perizia fissata dall'incidente probatorio è emerso che tra lui e i tifosi del che sono accorsi dopo l’esplosione dei bomboni contro un autobus di supporters azzurri ci sia stata una vera e propria rissa. Rissa certificata fin dal primo momento visto che i tre tifosi rimasti feriti dai colpi d’arma da fuoco (oltre a Ciro anche Gennaro Esposito e Fioretti, colpiti per fortuna in zone non vitali) sono stati immediatamente iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di rissa aggravata.

L'ammissione da parte di Daniele di aver sparato «è solo strategia difensiva, lo avevamo già dimostrato con filmati e testimonianze e, soprattutto, ce lo aveva già detto proprio Ciro Esposito», ha detto l'avvocato Angelo Pisani, legale della famiglia del tifoso napoletano morto a seguito delle ferite riportate negli scontri del 3 maggio scorso a Roma. «Fu lo stesso Ciro Esposito dal letto dell'ospedale Gemelli - ricorda Pisani - ad aver indicato in "Gastone" la persona che esplose colpi di arma da fuoco: non cambia molto che, davanti all'evidenza, ammetta di aver sparato, piuttosto è paradossale che dica di averlo fatto per paura. Avrebbe dovuto averla prima, quando ha compiuto un agguato contro un pullman rischiando di uccidere donne e bambini. Paura può averla un passante che si trova casualmente coinvolto in una rissa, non chi commette un agguato. Questa nuova strategia difensiva dispiace perché dovrebbe piuttosto ammettere le sue responsabilità e chiedere scusa, anche alla luce dei tanti gesti distensivi della madre di Ciro, Antonella Leardi. Si penta e dica chi sono i suoi complici». Complici che comunque sarebbero stati già identificati dagli inquirenti che, appena prima della scorsa estate, hanno iscritto nel registro degli indagati altri quattro tifosi della Roma - che risultano indagati per concorso morale in omicidio - che accompagnarono durante la sua aggressione ai pullman dei sostenitori del che tentavano di raggiungere i parcheggi di Saxa Rubra.

Comincia a stringersi quindi il cerchio sull'ennesimo punto di non ritorno del mondo della pedata italiana anche se ancora restano da chiarire alcuni aspetti tutt'altro che marginali. A partire dalla pistola utilizzata dallo sparatore - una Benelli 7,65 con matricola abrasa che utilizzava proiettili di fattura artigianale - su cui gli esperti del Racis non hanno ancora svolto le analisi per capire se l’arma sia stata utilizzata in altre occasioni. Un’analisi considerata di routine e che invece non è stata ancora portata a termine. E poi le cartelle cliniche discordanti: nel primo referto rilasciato dal policlinico Gemelli infatti non risulterebbero le coltellate subite dallo stesso che invece sono state refertate sia dalla clinica di Regina Coeli sia dall’ospedale di Belcolle, dove l’indagato è stato trasferito, per motivi si sicurezza, dopo la morte di Esposito.

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