La penna degli Altri 22/09/2014 10:52
Il campione e la nonna, quell’abbraccio in tribuna che fa il calcio più tenero
LA REPUBBLICA (M. PINCI) - Raccontano che un quarto d'ora dopo l'abbraccio del nipote la signora Aurora fosse ancora in lacrime. Sono poche le nonne che possono raccontare di averne ricevuto uno così, davanti a 40mila tifosi (divenuti centinaia di migliaia davanti agli schermi di tv, computer e telefonini) commossi dall'imprevedibile tenerezza del gesto. L’abbraccio di Alessandro Florenzi è la cartolina della domenica: quando al 13’ l’esterno romanista realizza il gol del 2-0 al Cagliari non festeggia, ma inizia a correre. I compagni e Garcia lo aspettano a braccia aperte, lui scarta tutti: guarda oltre la panchina, più su, fino alla tribuna Monte Mario. Salta la vetrata che divide il campo dagli spalti dell’Olimpico e di slancio sale una ventina di gradini, fino alla poltroncina di una signora di 82 anni che lo aspetta incredula ed emozionata: nonna Aurora.
Sei secondi di lacrime, anche l'Olimpico applaude sciogliendosi in una languida partecipazione. E pazienza per il giallo dell'arbitro Peruzzo, ottuso per i più ma inevitabile per il regolamento. «Nonna non era mai venuta allo stadio, dopo la partita in Nazionale con la Norvegia era dispiaciuta per il gol che mi ero mangiato e mi aveva detto “verrò a vederti per la prima volta e segnerai, ma tu vienimi a salutare”». È uno di parola Florenzi, che con nonna ha un rapporto profondo: «Ho pianto perché mi ha ricordato mio marito », dice la signora Aurora Sanna, e pare che Alessandro gli assomigli davvero, a nonno Nisio, calciatore come lui (e come il papà Luigi): «Siamo una famiglia di pallonari », dice Alessandro. «Però ora lasciate stare la nonna, eh? Non la tormentate».
E pensare che tante nonne sarebbero contente anche solo di ricevere una telefonata, la domenica pomeriggio. Non ne ha mai fatte mancare, alla sua, l’ex centrocampista della Germania Ovest Pierre Littbarski: durante i Mondiali del 1982 alla fine di ogni partita il tedesco chiamava la nonna per ascoltare una parola sulla gara disputata e avere un consiglio su quella da affrontare. Un’abitudine che lo portò fino alla finale, persa con gli azzurri: chissà le lacrime, quella notte al telefono. Ma il campione del Mondo nel ’90 non era l’unico tedesco con un debole per la “grossmutter”: il connazionale Hans-Pieter Briegel fino al1984 viveva ancora con la mamma di sua madre, nella casa di Kaiserslautern. Non sono solo le nonne dei calciatori ad avere un ruolo speciale nella vita di nipoti atleti. Alla sua il nuotatore Simone Ercoli dedicò l’oro agli Europei del 2004 a Eliati. Era scomparsa poche ore prima della sua gara: «Mi ha dato lei la forza di entrare in acqua», disse quel giorno. E già prima di Florenzi qualcuno alla nonna aveva dedicato un gol in serie A: Criscito addirittura il primo, a febbraio 2009, ricordandola però con nostalgia: «È mancata in estate - raccontò - e per me era molto importante». Almeno per l’abbraccio in tribuna, belli e felici, il romanista e nonna Aurora potranno tenersi il copyright.