La penna degli Altri 02/09/2014 20:14
Il calciomercato è tornato al “mercato delle vacche” di oltre 40 anni fa. Oltre 2000 movimenti, troppi giocatori girano solo per fare soldi
BLOGAUTORE.REPUBBLICA.IT (F. BOCCA) - Secondo alcuni analisti (Osservatorio del calcio italiano, Transfermarkt etc) esperti di numeri del calcio – ormai diventato scienza finanziaria, assai improbabile per definizione – l’ultimo calciomercato di serie A sarebbe in rosso di circa 39 milioni. Praticamente una bazzecola, se migliori verifiche confermeranno questa cifra. In Inghilterra c’è forte polemica perché il Manchester United da solo ha speso 150 milioni di sterline (quasi 190 milioni) per ingaggiare Falcao, Di Maria e qualche altro. A occhio il solo Manchester United spende e spande assai di più dunque di Juventus, Milan, Inter, Roma, Napoli e un’altra quindicina di squadre messe insieme. La Liga spagnola ha un rosso in questo calcio mercato di una cinquantina di milioni e la Premier League addirittura di 500 milioni. Ma comunque Falcao e Di Maria, per quanto pagati una cifra scandalosa (Falcao guadagna circa 440.000 euro a settimana), hanno una loro ragione tecnica. Van Gaal li utilizzerà per cercare di risollevare il Manchester United al prestigio nazionale e internazionale che gli compete.
Non è un numero, quello dello sbilancio di 33 milioni, che mi impressiona particolarmente – praticamente è il costo del solo cartellino di Iturbe dal Verona alla Roma affare principale del calciomercato di quest’anno -, se è vero che siamo in crisi, è quasi normale vendere invece di comprare. Del resto siamo o non siamo in deflazione? Quanti oggi riescono a comprarsi un auto di lusso o anche solo un’utilitaria? Pochissimi. Anche il calcio dunque risente della mancanza di ricchezza e di liquidità: di qui la mancanza di sponsor e il fiorire di prestiti e prestiti con diritto (in realtà obbligo) di riscatto. Quello che mi colpisce molto di più è che questo dato di bilancio viene, a un primo conteggio, dal combinato disposto di 795 cessioni e di 1376 acquisti. Cioè oltre 2100 movimenti complessivi, lì dove con 500/600 giocatori al massimo 20 squadre di serie A dovrebbero coprire benissimo il calendario sia pure intasato della stagione appena cominciata. Mettiamoci pure il mercato delle squadre Primavera (e già su questo avrei molto da ridire), ma come si giustifica, che ragione tecnica ha una tale mole di movimenti? Con tutti gli annessi e connessi tra l’altro che si porta dietro, in primis le percentuali ai procuratori di calcio, che ormai in Italia sono centinaia. Almeno 600-700.
Praticamente in Italia vendiamo giocatori non solo per rendere più armoniche le rose e ovviamente monetizzare, ma per comprarne molti di più di quelli che abbiamo venduto. Per ogni giocatore venduto se ne compra almeno uno e mezzo. Quell’uno servirà più o meno a coprire il buco tecnico creatosi in squadra, e il mezzo è più che altro una forma di investimento. Se anche non mi servirà a coprire l’esigenza dell’allenatore, facendogli fare comunque qualche presenza oppure spedendolo in prestito chissà dove, potrò cercare di lucrarci qualcosa sopra nelle prossime sessioni di calcio mercato. Sinceramente io ci vedo molto poco calcio vero in tutto questo.
Che si sia in crisi e che nel calcio si ricorra ad un’economia di emergenza mi pare giusto, lo accetto. Mi sta meno bene quando il calciomercato diventa un business più fine a se stesso che tecnico, non rivolto cioè al miglioramento della squadra. Altrimenti non si spiegherebbe una tale mole di movimenti soltanto in serie A.
Stiamo tornando, senza volercene accorgere, al famigerato “mercato delle vacche” di oltre quarant’anni fa, quando i carabinieri, su esposto del presidente dell’Associazione Calciatori Sergio Campana, fecero irruzione alla sede del calciomercato all’Hotel Leonardo da Vinci a Milano insieme agli ispettori del lavoro. Era il luglio del 1978. La motivazione del mandato emesso dal pretore? “Fondato sospetto che si potessero commettere reati di mediazione di manodopera a scopo di lucro”. Oggi è tanto diverso?