La penna degli Altri 11/08/2014 10:14
L’urna di Tavecchio
GASPORT (M. IARIA / V. PICCIONI) - Il numero della tombola di Carlo Tavecchio potrebbe pure essere il 62 o il 63. Per cento. Con questo risultato, il capo della Lega Dilettanti diventerebbe oggi al terzo scrutinio il nuovo presidente della Federcalcio. La mina serie A sembra non vagare più. E’ stata disinnescata nella mattinata di ieri da un bim bum bam di prese di posizione Pro Tav che hanno scarabocchiato il manifesto delle famose nove dissidenti. Atalanta e Verona, date per incerte, hanno tirato giù le carte, confermando l’appoggio «coerentemente con le decisioni dell’assemblea di Lega del 24 luglio», quella del 182 pro Tavecchio. Ma altri smottamenti sarebbero in vista di qui alle urne: la Sampdoria avrebbe già lasciato il cartello dei 9. Potrebbero fare altrettanto Cagliari, Empoli e Sassuolo nella più classica delle giravolte a cui ci ha abituato il mondo della Lega di Serie A.
Cesena «turbato» Le nove comunque non sono ufficialmente più nove. Il Cesena, che aveva firmato il documento che chiedeva ritiro simultaneo dei due candidati e arrivo del commissario, è approdato al «preso atto che il passo indietro non c’è stato, a questo punto votiamo Tavecchio» firmato dal presidente Giorgio Lugaresi. Il boccone non è andato giù e sui vari social network, è andata in scena una sequenza di dissociazioni di diversi tifosi. Fino al punto che Lugaresi, sul suo profilo facebook, ha confessato grande imbarazzo: «Vincerà Tavecchio e non potrò far altro che appoggiare la sua elezione per poter incidere nelle future decisioni di rinnovamento. A volte il mio ruolo esige decisioni incomprensibili e impopolari. Sono molto turbato ma non mi posso sottrarre...» Arrivando a dire: «Ho le budella attorcigliate ». Per concludere con quest’alibi: «Da fuori le stanze dei bottoni non hai voce in capitolo».
Parole da presidente Dalla spallata alla controspallata. E così Tavecchio parla ormai da presidente permettendosi diversi allunghi distensivi: «Il mio programma sarà possibile soltanto grazie al lavoro di squadra delle Leghe e delle componenti tecniche». Cioè allenatori e calciatori. Che rispondono freddamente. «Finora non era così...», dice Damiano Tommasi. «Non l’avevo mai sentita», gli fa eco Renzo Ulivieri. «Il vero problema del calcio italiano è stato evidenziato da questa campagna elettorale spiega il leader dell’Assocalciatori troppi interessi individuali, troppo pochi quelli che considerano la federazione come la casa di tutti». E si torna al problema cambiali, stigmatizzato da Malagò nell’ormai lontano incontro con Tavecchio al Coni, la zavorra che condiziona quel 6263 per cento. Mentre un ultimo affondo lo tenta Rudi Garcia, l’allenatore della Roma, che sul voto è d’accordo con la sua società e che racconta ciò che è successo in Francia dopo la frase razzista pronunciata da Tavecchio proprio all’Hilton di Fiumicino: «Se n’è parlato molto. E non certo positivamente...».
Cambio di film A questo punto, però, a meno di una capriola delle previsioni che al confronto il sorpasso di Malagò su Pagnozzi sarebbe da ricatalogare come sorpresina da niente, i giochi anche in serie A sono fatti. E questa ritrovata solidità della maggioranza dovrebbe ridurre al minimo anche gli scettici delle altre Leghe. Pure l’atmosfera dell’Hilton di ieri sera ha cambiato ordine del giorno: il film Tavecchio Albertini o Tavecchio Commissario, è stato sostituito dalla partita sulle nomine. La scena madre però è rimasta la stessa: Lotito non ha mollato per un attimo Tavecchio. Una vera e propria «scorta» anche per dribblare i giornalisti. Giallo risolto Nel bailamme della vigilia c’è da registrare pure il ritorno alla carica su una norma dello Statuto relativa ai casi di ineleggibilità alle cariche federali. L’articolo 29 al comma 1 dice che «sono inoltre ineleggibili coloro che hanno riportato condanne penali passate in giudicato per reati non colposi a pene detentive superiori a un anno ». Dal 1970 al 1998, Tavecchio fu condannato per cinque volte a pene minori per un totale di un anno, tre mesi e 28 giorni. Ma il quasi presidente ha già chiarito di aver ottenuto la riabilitazione ripetendo più volte: «Ho la fedina penale pulita».
Niente donne A tarda sera è arrivato il momento dei calciatori con l’ennesimo caso. L’Aic si è riunita con all’ordine del giorno la nomina dei suoi rappresentanti in Consiglio federale. Demetrio Albertini non ha voluto rientri dalla finestra e ha confermato, come detto già annunciando la sua candidatura, la sua rinuncia al posto che aveva occupato negli ultimi due quadrienni in Federazione. Oltre a Tommasi, entrano Calcagno, Perrotta e De Sanctis. Manca una calciatrice. Una violazione delle norme? No secondo l’Aic perché nelle carte si scrive solo «equa rappresentatività». Morale: le donne sono ancora una goccia nell’oceano dei tesserati e quindi quest’obbligo non sussiste. Ma forse un po’ di coraggio in più lo si poteva avere.