La penna degli Altri 12/05/2014 11:32

Solidarietà per Genny 'a carogna. L'internazionale violenta degli stadi

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CORSERA (D. DALLERA) - Hanno lo stesso linguaggio, quello della violenza. Nutrono lo stesso sentimento: quello dell’odio. Hanno le stesse facce, trasfigurate dalla rabbia. Abbattono ogni confine, gli striscioni contro tutto e tutti, in primis contro il buon senso e la pace, arrivano ovunque. Il tifo becero fa scuola, trova seguaci e imitatori. In Germania, nel campionato tedesco, la Bundesliga stravinta dal Bayern Monaco, hanno pensato bene di esporre uno striscione inneggiante Antonino Speziale, in carcere per omicidio, per aver ammazzato nel 2007 l’ispettore Raciti. Il teatro è Bayern Monaco- Stoccarda. E vai con gli incoraggiamenti: «Forza non mollare», «Speziale libero».

Atmosfere, parole, concetti analoghi tra i tifosi del Borussia Dortmund (impegnati contro l’Hertha Berlino) dove è stata elegantemente indossata la maglietta con la scritta «Speziale libero». La passerella dell’idiozia è completata da uno striscione solidale con Genny ‘a carogna. Magliette e striscioni rigorosamente in italiano, dove il vocabolario è oltraggiato per qualche accento dimenticato.

Ben più grave è il messaggio violento che non conosce confini, arriva fino in Turchia dove i tifosi del Galatasaray appena scudettati si ricordano anche loro di Speziale. Così è successo anche in Porto-Benfica, la squadra che mercoledì lotterà per l’Europa League.

Speziale, (l’ultrà arrestato con l’accusa di aver sparato al tifoso napoletano Ciro Esposito: ieri naturalmente anche ha ricevuto solidarietà), Genny ‘a carogna bei personaggi da esportare. Il calcio un mezzo per emergere, per sentirsi vivi, mai soli, forti solo se sono in tanti, in gruppo. Lo stadio, la loro casa. Sono gli ultrà violenti, niente a che vedere con l’ultrà che vive il calcio e il tifo come passione, che ha nel cuore una bandiera e una sola, per esempio quelli che sabato a San Siro hanno salutato, emozionandosi e piangendo, Javier Zanetti e tra un po’, speriamo il più tardi possibile, i loro colleghi della Roma celebreranno , festeggiando, piangendo, cantando, come accadde per Paolo Maldini o Alessandro Del Piero. Gli ambasciatori della violenza sono quelli che picchiano, loro non cantano. Ma trovano il modo per diffondere il loro pensiero.