La penna degli Altri 08/05/2014 10:04
La legge di Platini: «Cara Juve ti sbagli: la terza stella io la metterei»
GASPORT (F. LICARI) - «Il calcio italiano non è meno spettacolare di quello spagnolo o inglese: l’immagine è pessima, quegli stadi vuoti che fanno tristezza e non invogliano i campioni…». Controcorrente e un po’ contro l’evidenza visto come si gioca da noi, Michel Platini parla di tutto e tutti, usando circospezione solo sulla questione elettorale: se il voto Fifa fosse oggi, però, è probabile che non sfiderebbe Blatter.
Dalla Champions arriva un calcio diverso da quello italiano. «No. Napoli, Fiorentina, Roma e Juve giocano all’attacco. Sono però mancate Milan e Inter».
Altro messaggio: è il calcio dei tecnici, non dei giocatori. «Intervistate di più i giocatori».
E se poi dicono banalità… «E i giocatori vanno e vengono, non ci sono bandiere, mentre i tecnici rappresentano l’immagine, non solo tecnica, dei club».
Con il rischio che il calcio diventi sfida tattica tra panchine? «No, perché Atletico e Liverpool sono l’ennesima dimostrazione dell’imprevedibilità. E del fatto che non contano solo i fatturati».
Come gioca la Juve di Conte? «Fisica, grintosa, offensiva». Perché in Europa non è come in Italia? «Tre scudetti sono un dovere per la Juve. In Europa servono qualità e fortuna».
La sua Juve vinceva di più all’estero. «Quando sono arrivato c’era gente che in Italia aveva stravinto tutto: il campionato era routine, le coppe davano emozione. Credo che Andrea (Agnelli, ndr) sia più attaccato al campionato perché, dovendo ricostruire, aveva bisogno di basi solide. Ma la Juve di Conte è più grintosa della mia: ora vuole l’Europa».
Intanto non mette la terza stella… «Ha fatto 30 ufficialmente, dovrebbe. Capisco Andrea, la reazione d’orgoglio: è il capo. Però le tre stelle mi piacerebbero».
La Juve «italiana» avrebbe bisogno di un Platini come nell’82. «Zoff e gli altri erano lì da 10 anni. Ora agli agenti fa comodo che cambino più spesso possibile».
Lei li sta combattendo. «Ci provo. Ma se hanno le porte aperte perché non dovrebbero approfittare? La Fifa deve rendere il calcio meno commerciale».
Lei ha detto: «Non voglio essere complice di Blatter». «Mi riferivo ai fondi proprietari. Non è etico. Ma come: nel ’73 noi calciatori abbiamo scioperato per lo svincolo, e la Juve mi prese per due soldi, e torniamo indietro di 40 anni?».
Ha voglia la Fifa di intervenire? «Lo chieda a Blatter».
Sta pensando alle elezioni? «Parlerò dopo il Mondiale. Lasciare l’Uefa non è facile, ho tanti progetti dal fair play alla Nations League: nazionali come i club, gare che tutti possano vedere in tv, orari diversi».
Fair play: se i giudici non puniscono il Psg saranno polemiche. «I club hanno chiesto il fair play, Berlusconi, Moratti, gli inglesi, i tedeschi. Noi lo abbiamo creato, i giudici decidono. Ne so quanto lei. E so che ci saranno insoddisfatti. Spero niente sospensioni, perché voglio aiutare, non ammazzare, ma non decido io».
C’era di meglio : Salary cap, luxury tax? «Uno dei problemi è che, malgrado tante parole, la specificità dello sport ancora non c’è. Stiamo pagando le conseguenze di Bosman: c’è una responsabilità storica di Fifa e Uefa. Oggi non può più succedere. E i politici sono preoccupati del rischio che domani i migliori 80 del mondo siano in 4 club…».
Che si fa? «Una volta c’era il tetto agli stranieri. Non si può più. Il 6+5 è una grande idea mia, di cui poi Blatter s’è impadronito, ma non realizzabile. L’altro strumento sono i soldi: evitare che qualcuno sia troppo ricco. Ci vuole equilibrio».
Violenza: visto lo spettacolo dell’Olimpico? La politica s’è accorta, per l’ennesima volta, che qualcosa non va… «Brutte scene. Si sono svegliati? Bene, era ora. Finalmente ».
Perché in Italia? «Gli italiani cosa pensano?».
Stadi indecenti e zona franca, incertezza della pena, tifosi bacino di voti… «Vede che avete la risposta?».
E lei, da cittadino prima che da presidente? «Fuori dagli stadi chi rompe le palle».
Anche il razzismo non si estirpa, anzi… «Nei tornei Uefa sì. È meno facile da vincere delle scommesse clandestine: coinvolge cultura, crisi, società. Allo stadio c’è sempre stata l’impunità dell’anonimato, come oggi sul web».
È cambiata l’Italia da quando c’era lei? «Era splendido viverci per uno come me che vinceva e segnava tanto, eri un idolo, e l’Italia era orgogliosa del suo calcio, lo amava. Non che mancassero i problemi ma oggi è… complicato. Vedi alla tv stadi vuoti, escluso Torino e poco altro, ed è questa l’immagine che gira nel mondo. Brutta. Ma il calcio è moderno».
Al Mondiale cosa faremo? «Dipende dagli estremi: Buffon e Balotelli. Siete finalisti 2012».
Prandelli era già allenatore? «Sì, di tutti i compagni ero sicuro lo sarebbe diventato. Poi è il destino che fa le cose, ma era intelligente, sensibile, aperto».
Chi vince a Rio? «Il favorito è il Brasile, dal 1950 a oggi. Credo le sudamericane abbiano molta fame».
Le sarebbe piaciuto giocare con Pirlo. «Uno che ai miei tempi mancava. Lì giocavano Bonini e Furino: eravamo più bassi e noi attaccanti dovevamo fare 60 metri per andare in porta. Un calcio più stereotipato. Poi in Italia la rivoluzione di Sacchi che ha spostato la linea nella metà campo avversaria».
La tecnologia è il diavolo? «No, l’ho combattuta al Board ma ora c’è. A Euro 2016 si può anche pensare di inserirla, in Champions no: 272 partite, troppo costoso. Solo che poi vogliono fuorigioco e altro… impossibile. Che facciamo? Lasciamo finire l’azione e torniamo indietro? E vediamo se prima c’era anche fallo? No. Nel rugby l’arbitro non decide più. Ma coi 5 arbitri non c’è più un gol fantasma da voi».
Anche alcuni allenatori parlano di moviola. «Vogliono giustizia. Ma per il fuorigioco o fai il catenaccio di Herrera o migliori gli arbitri. Collina sta facendo un gran lavoro. Gli arbitri sbagliano perché non possono vedere come le tv : miglioriamoli».
Tanto poi criticano lei. «Sì, gli juventini per Clattenburg, quelli del Benfica perché l’Uefa non li vuole in finale… Si mettano d’accordo».
Proposte regolamentari? «No tripla sanzione. Espulsione a tempo: un’idea mia, se n’è impossessato Blatter. Quando ero consigliere aveva le idee in anticipo, ora aspetta l’Uefa».
Blatter è cambiato dal ’98? «Non tanto. Allora voleva essere presidente. Oggi rimanere».
Lei a 76 anni inseguirebbe una poltrona? «A 76 anni non fai niente di diverso da ciò che hai fatto prima».
Non sarà facile per Fifa e Uefa in Brasile. Identificate con potere e spreco. «Capisco. La gente di là ha ragione su tutto. Ma spero sia una festa. Vedono i politici grassi, ricchi e con belle auto: caricature».
Colpa anche dei politici? «Non ci sono i De Gaulle e i De Gasperi, ma erano creati dalla guerra: meglio di no. Oggi i politici 40enni hanno vissuto l’epoca Platini-Maradona: non immagina quanto il calcio sia importante per loro».