La penna degli Altri 25/05/2014 12:21

Il campione dal sorriso triste. Partita per Ago a Trigoria

di-bartolomei

REPUBBLICA (M. PINCI) - Vent'anni. Vent’anni da quel "gesto stronzo" che il figlio Luca non riesce a perdonare, da quel colpo di pistola che con la sua irrazionale, illogica, dolorosissima drammaticità ha ispirato canzoni e film, documentari e libri. Tanti ne hanno parlato, l’hanno raccontato, perché quel colpo con cui la mattina del 30 maggio ‘94 Agostino Di Bartolomei decideva di andarsene senza spiegare perché tocca il cuore. Era il capitano della Roma campione d’Italia 1983. Era il capitano della Roma che esattamente dieci anni prima di quello sparo, il 30 maggio ‘84, perdeva la finale di Coppa dei Campioni all’Olimpico contro il Liverpool, per una agghiacciante e chissà quanto casuale analogia di date e di momenti evocativi. Riservato, silenzioso, quasi accigliato con giornali e tv, «caciarone e ironico», con famigliari e amici, al punto da riuscire nascondere a tutti quel male oscuro che lo divorava. L’attenzione venuta meno da parte del suo mondo, il calcio, lo aveva portato a esiliarsi lontano dalla sua à, a San Marco di Castellabate, il paese della moglie Marisa: una scuola calcio, una vita riservata, forse troppo. "Se ci fosse attenzione per il campione/oggi saresti qui", canta Venditti in “Tradimento e perdono”, dedicata ad Agostino.

Venditti ha anche infilato la pistola nei suoi versi, quella pistola che non riesce a cancellare Luca Di Bartolomei, che solo due anni fa raccontava: "Non ho perdonato Ago, ma credo che il perdono sia legato all’accettazione, e da figlio non ho mai accettato questo sacrificio". Un concetto che ispira la sua commovente lettera al padre — dai rimpianti per ciò che non hanno vissuto insieme alla nostalgia — e prefazione del libro “L’ultima partita”, scritto da Bianconi e Salerno e dedicato al campione e alla sua storia umana. Che ha toccato tanti: Paolo Sorrentino si è ispirato proprio a “Ago” per un personaggio del film “L’uomo in più”, e sempre su pellicola Del Grosso lo ha raccontato nel documentario “11 metri”. Chi lo ha visto giocare ricorda il suo tiro potente, il “sorriso sgomento”, il coro dei tifosi: “Oh, Agostino... Ago Ago Agostino”, che riempiva l’Olimpico. Il calcio lo ricorda: la Salernitana, con cui aveva chiuso la carriera nel ‘90, ha indossato il 16 aprile scorso una maglia con impressa la sua firma nella finale di Coppa Italia di Lega Pro. E la sua Roma sabato, in occasione del ventesimo anniversario della scomparsa, organizzerà un’esibizione tra la squadra Esordienti e i bambini del Cinecittà al centro sportivo Tullio Bernardini a Trigoria. A Trigoria però Di Bartolomei è rientrato, dopo 18 anni di oblio, solo nel 2012, quando la società gli ha dedicato il campo su cui gioca la Primavera con una targa che riproduce il suo gesto di calciare in porta.