La penna degli Altri 02/04/2014 10:17

Gli ultrà si sono ripresi la visibilità con la strategia 2.0

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GASPORT (G. SPECCHIA) - Da anni sono al centro di un dibattito infinito: le curve italiane sono una risorsa o il male assoluto del calcio italiano? A giudicare da certi spot sembrano una risorsa. Quando c’è da vendere il «prodotto calcio » l’immagine classica è quella di una curva piena e colorata. A giudicare dalla massa di provvedimenti legislativi e amministrativi coniati per contrastare il fenomeno ultrà, no. Il dato di fatto è che, ormai da quasi mezzo secolo, il nostro calcio ci convive. Da quando, nel 1968, fece la sua comparsa a San Siro – sponda Milan lo striscione Fossa dei Leoni, il primo gruppo organizzato italiano. L’anno seguente nacquero i Boys dell’Inter, gli Ultras granata del Torino e gli Ultras Tito Cucchiaroni della Sampdoria. Quindi, via via, in tutti gli stadi d’Italia prima e d’Europa poi. Oggi, dove c’è il calcio, ci sono gli ultrà. In Inghilterra, dove dicono di averli debellati, sopravvivono fuori dagli stadi. Si danno appuntamento per strada e si ammazzano di botte. In Italia non siamo ancora allo street fight. Gli ultrà continuano a vivere nello stadio.

Slegati dalla politica Eppure la convivenza con il sistema calcio e le istituzioni si è fatta sempre più difficile. Le curve non hanno interlocutori o riferimenti politici, gran parte dei gruppi si sono depoliticizzati. L’unica cosa certa è lo strappo con la Lega Nord di Roberto Maroni dopo l’introduzione della tessera del tifoso. Da quel momento, le diffide si sono moltiplicate ma, anche in questo caso, le curve hanno parato il colpo. Ogni gruppo ha ormai un avvocato, quasi sempre un ex ultrà, che si prende carico di tutelare i tifosi colpiti da Daspo. Sono migliaia, ma sono migliaia anche i Daspo annullati da Tar, Consiglio di Stato e Cassazione. Complice la burocrazia, gli stadi si sono svuotati e le curve continuano a essere piene. Chi parla di minoranze, sbaglia. Esaminando i numeri al tornello, delle presenze reali allo stadio, si è scoperto che il Milan, quest’anno, ha un pubblico medio di circa 29.000 spettatori. Ottomila sono in . Più di un quarto. E la proporzione sale di molto nelle serie inferiori. È quindi ovvio che gli ultrà vogliano far sentire la propria voce. Ma non lo fanno solo con la... voce. Si ritrovano a centinaia nelle riunioni, solitamente al giovedì, e discutono insieme di calcio e curva. Usano il web. Il famoso comunicato sul sito della Nord interista che contestava lo scambio Guarin-Vucinic è stato letto 53.000 volte. Numeri importanti, da siti di quotidiani nazionali.

Controinformazione Ogni curva ha una propria fanzine, distribuita a offerta libera. Quei soldi servono per l’autofinanziamento. Un po’ vanno in coreografie, molti in spese legali, il resto in iniziative benefiche. Coi soldi dei tifosi, per esempio, è nata a L’Aquila l’Area Ultras d’Italia. Sui giornali delle curve ci trovi editoriali dal titolo «Il califfato dell’illusione, una triste storia tutta italiana», rubriche tipo l’«angolo del diffidato», resoconti delle trasferte. I siti di riferimento, quelli della cosiddetta controinformazione, sono www.dallapartedeltorto.tk e www.asromaultras.org. Ma esistono anche blog internazionali sul fenomeno italiano delle curve, continuamente aggiornati. Il più completo è www.altravita.com, in tedesco. E proprio un docufilm di controinformazione, «L’altra faccia della curva», è stato presentato, e visionato dal gup Patrizia Ingrascì, all’udienza preliminare del processo per associazione a delinquere a carico di 6 ultrà dell’Atalanta. L’accusa è caduta (il Pm ha però fatto ricorso in Cassazione). È sul web che nasce la protesta, su Change.org è stata lanciata una petizione sull’abrogazione dell’articolo 9 del decreto Amato, la revisione costituzionale del Daspo, l’abrogazione dei divieti in tema di tifo. Un tema che unisce tutti gli ultrà ma non ha ancora trovato una risposta politica. Per ora. I rappresentanti di una ventina di tifoserie si incontreranno infatti l’11 aprile a Roma con alcuni politici di Movimento 5 Stelle, Pd, Fratelli d’Italia e Radicali per discutere sull’argomento.