La penna degli Altri 24/01/2014 12:49

Stadio a Tor di Valle, tutto fermo: servono i soldi di Parnasi

TOR DI VALLE

ROMAPOST.IT (A. STABILE) - Continua a restare nascosto, a forza di rinvii, il progetto dello a . La ragione è a monte di tutto l’iter procedurale: non è infatti ancora al sicuro la vendita a Luca del terreno dove dovrebbe sorgere l’impianto. E senza terreno, lo stadio non si può fare. La problematica è ormai vecchia di mesi (Roma Post ha affrontato più volte la questione) ma, nonostante il duro lavoro degli avvocati, non se ne viene a capo. Spieghiamoci meglio: la Sais di Antonio e Gaetano Papalia, che ha venduto il terreno a per 42 milioni, è fortemente indebitata (anche con Equitalia) e, il giorno dopo la vendita del 25 giugno scorso dell’area di , ha chiesto in tribunale di poter accedere al concordato preventivo, procedura che serve a pagare i creditori ed evitare il fallimento. Se ci fosse il fallimento della Sais, infatti, anche la vendita di , pur fatta prima della richiesta di concordato, verrebbe annullata per legge.

La proposta di concordato di Papalia, ottimale perché prevede sulla carta di soddisfare al cento per cento tutti i creditori, si è arenata da mesi in tribunale sul tavolo del giudice delegato Umberto Gentili, che non si fida delle garanzie economiche portate da Papalia. Queste garanzie però fanno riferimento direttamente a che, con i 42 milioni che sborserà a rate a Papalia, gli fornirà la liquidità necessaria per pagare i creditori e onorare gli accordi contenuti nel concordato. A garanzia di quei 42 milioni però non ha portato fideiussioni cosiddette “a prima richiesta e senza eccezioni”, che garantirebbero immediata liquidità in caso di mancato pagamento da parte dello stesso imprenditore. Per questo il giudice Gentili non ritiene che i creditori di Papalia siano garantiti: se non dovesse pagare qualche rata, Papalia si troverebbe a secco e insolvente e tutto il concordato salterebbe con conseguenze disastrose.

Per sbloccare la situazione dovrebbe presentare fideiussioni bancarie a garanzia dei 42 milioni da dare alla Sais di Papalia (qualche rata peraltro è già stata onorata) oppure dovrà cercare un partner, economicamente solido, che lo aiuti. Da un paio di mesi però non se ne viene a capo con conseguenze, e ritardi, inquietanti: lo non riesce proprio a vedere la luce.