La penna degli Altri 31/01/2014 10:10

Losi: “Un tempo bastavano le tribune di legno ora il calcio è diventato un grande show”

LOSI DDR

LA REPUBBLICA (M. PINCI / L. SERLONI) - Lo chiamavano “Core de Roma”, anche se è nato a Soncino, nella provincia cremonese. Lui, uno stadio di proprietà della Roma, se lo ricorda, «anche se non ci ho mai giocato». Ora Giacomo Losi, libero e capitano della Roma dal ’54 al ’69, attende da osservatore di rivedere la squadra giallorossa correre in un impianto proprio come quello che vuole realizzare la proprietà americana.

Losi che effetto le fa pensare a una Roma in uno stadio proprio?

«Guardi, io ricordo ancora la prima volta in cui sono entrato nello stadio con la maglia della Roma addosso. Era il ’54, venivo dalla Cremonese, una squadra piccola, e mi trovai davanti a ottantamila persone. Capisce, il brivido? Non c’erano striscioni, e tv, ora è tutto un altro calcio».

A Roma rimpiangono Campo Testaccio, il nuovo stadio avrà vicino una sorta di Euro- Disney...

«Ci tengo a dire che a Campo Testaccio non ho mai giocato, e non ho potuto vedere come fosse quando la Roma giocava lì. Certo che la prima cosa che mi raccontarono, quando arrivai, erano gli anni su quel campo. E me lo raccontavano con le lacrime agli occhi: tribune di legno, tifosi in piedi, tifo genuino, sanguigno. Il mio calcio era questo ».

E non servivano negozi o parchi giochi per portare la gente allo stadio.

«Voi non avete idea, erano anni diversi: anche se veniva l’Alessandria, che non era proprio uno squadrone, c’erano ottantamila persone a sgolarsi, a fare il tifo. E la gente faceva la fila anche per venire a vedere anche il campionato riserve, con le giovanili, allo stadio Torino, quello che oggi chiamano Flaminio. O gli allenamenti alla Romulea».

Adesso, invece, la Roma potrebbe avere un impianto proprio. A chi le piacerebbe fosse intitolato il nuovo stadio?

«Ci sono tantissime persone che meriterebbero. Mi vengono in mente tanti nomi, di giocatori, di grandi presidenti. Non mi piace fare una scelta».

E allora come lo chiamerebbe?

«Io lo chiamerei Stadio Roma. Non , ma proprio Roma: perché è un nome bellissimo, il più bello del mondo. Ha un suono stupendo e poi se lo leggi al contrario dice Amor, che è un’altra parola stupenda. In fondo, questo sarebbe un modo per dedicarlo a tutti i tifosi, che amano questa squadra».

Amano anche lei: perché non intitolare lo stadio a “Core de Roma”?

«A me? Magari, ma mi sembra eccessivo. Guardi, quando ha battuto il mio record di presenze con la Roma mi fecero uno striscione in e già mi sono emozionato. Ecco, mi tengo quegli striscioni dei romanisti. Chiamare lo stadio con il mio nome, mi creda, sarebbe troppo».