La penna degli Altri 20/11/2013 10:24
Tifosi illustri: «Campo Testaccio patrimonio da salvare»
IL ROMANISTA (M. MACEDONIO) - È un coro unanime quello che viene da tanti tifosi. In tutti, lindignazione per lo stato di degrado in cui versa Campo Testaccio. E, insieme, la voglia di farlo rivivere. «Mi dispiace da morire vederlo nelle condizioni in cui è oggi dice Giacomo Losi. Mi tornano in mente tutte le volte che ci sono stato, anche con le formazioni giovanili della mia società. Mi faceva piacere andarci anche solo per il fatto di sapere cosa rappresentasse per tutti noi tifosi romanisti.
Io non ho potuto vederlo comera ai tempi in cui ci giocava la Roma, ma so che quando arrivai qui, nel 54, la prima cosa che mi fu raccontata, da Angelino Cerretti (storico massaggiatore dellepoca, ndr), sono proprio le stagioni vissute dalla squadra su quel campo. Me ne parlava con il cuore in mano. E quello che hanno fatto i ragazzi domenica mattina è molto bello. Mi spiace di non aver potuto partecipare anchio, anche se avrei voluto tanto esserci. Ciò che fa male è prendere atto di come in questo Paese ci si dimentichi facilmente del passato. E dire che per noi tifosi quel campo è un po come il Colosseo. Mi viene in mente lo stadio Superga, quello del Grande Torino, in cui ho anche giocato, e dove hanno girato di recente anche il film su Valentino Mazzola e quello su Gigi Meroni. Ecco, mi piacerebbe che si tornasse a prendersi cura di Campo Testaccio come si è fatto altrove. Sono anche contento che la società giallorossa stia prestando attenzione alla propria storia, così come mi ha fatto piacere che in alcune circostanze si sia ricordata di noi, ex giocatori. E un merito che riconosco a questa dirigenza, e che mi auguro possa avere un seguito anche nei confronti di quel campo glorioso».
«Queste cose succedono solo in Italia gli fa eco Lando Fiorini. In tutte le altre parti del mondo hanno un rispetto maggiore per tutto ciò che si lega alla storia. È davvero un peccato sapere che quel campo è oggi in condizioni fatiscenti. Bisognerebbe affrontare il problema da vicino e fare in modo che le istituzioni si diano da fare perché un patrimonio come questo venga salvato. Perché non è solo un patrimonio della società giallorossa ma anche dellintera città. Ed è assurdo pensarlo ridotto ad una discarica. Plaudo anchio alliniziativa dei ragazzi. E non mi meraviglia che anche Giorgio Rossi, che è a sua volta parte della storia della Roma, sia presente in occasioni come questa. Dovremmo essere tutti più presenti in questi frangenti, e forse qualcosa cambierebbe».
«Nel tema cè già la risposta commenta Massimo Wertmuller. È infatti quasi una domanda retorica, perché è ovvio che ognuno di noi vorrebbe che quel campo tornasse a vivere. E di motivi ce ne sarebbero mille: perché potrebbe essere un campo sportivo per i giovani, o un luogo di aggregazione, o tante altre cose. Ma se non lo dovessero fare le istituzioni, mi piacerebbe che lo facesse questo presidente americano. Sarebbe una bella medaglia da appuntarsi sul petto. Simbolicamente, avrebbe un grande valore, perché, come ha spesso detto, e non ho motivo di dubitarne, è attraverso la valorizzazione della propria storia che si tengono uniti i tifosi. Che si riconoscono soprattutto attraverso questa identità, che merita rispetto. Ricordo lemozione che provai quando, ero bambino, feci un provino come lupetto nella Roma, ed entrai nella sala dei trofei, tra coppe, medaglie e immagini della storia di questa squadra. Perché è il senso di appartenenza a far crescere una tifoseria. E quindi, unoperazione come quella del recupero di Campo Testaccio, che per noi è un simbolo, non potrebbe che attirare consensi. E chiunque dovesse intraprenderla avrebbe solo che da avvantaggiarsene». «Delliniziativa di domenica non ne sapevo, perché ero fuori città, ma me ne ha parlato mio figlio, entusiasta dice Massimo Ghini. A dimostrazione che linformazione tra i tifosi è passata e questo mi sembra importante e intelligente. A questo punto voglio essere provocatorio: penso che se proponessimo di farne uno stadio per le biciclette, magari il Sindaco Marino laccoglierebbe subito, vista la sua attenzione per le piste ciclabili. A parte gli scherzi ma non senza una vena polemica, credo che oggi non dobbiamo aspettarci granché dalle istituzioni. E come diceva John Fitzgerald Kennedy, più che chiederci cosa queste possono fare per noi, chiediamoci cosa noi possiamo fare di concreto. Siamo noi che dobbiamo dire cosa vogliamo e possiamo fare, e poi vedere gli altri cosa decidono. Penso che la politica moderna debba partire da progetti che nascano dagli stessi cittadini. Che si rendono disponibili a studiare soluzioni e proporle poi a chi di dovere. Non chiediamo ad altri di pensare per noi. Dobbiamo invece chiedere uno sforzo civile, a chi può farlo, per elaborare progetti. Quanti sono quelli che amano la Roma? Tanti. Il volontariato dovrebbe essere questo: magari due architetti, due ingegneri, un sociologo, che studiano un progetto e, insieme a tanti altri che lo patrocinano, lo propongono. Perché se stamo ad aspetta questi, potemo pure morì. Ma se raccogli tante firme a sostegno, magari si muovono per realizzarlo».
«Campo Testaccio va fatto rivivere per almeno tre buone ragioni spiega infine Paolo Cento. La prima è che si tratta di un pezzo di storia sportiva e calcistica della città, e appartiene quindi a chi è tifoso della Roma. E già questo sarebbe un motivo sufficiente per recuperarlo. Ma il secondo è forse ancora più importante: in questi ultimi decenni, ovvero dopo che non è stato più utilizzato dalla Roma, vi hanno fatto sport migliaia di ragazzi, non solo di quel quartiere, indipendentemente dal loro essere o meno tifosi di una squadra o di unaltra. Insomma, quello che oggi si dice un bene comune. Che va anche oltre la simbologia che per noi romanisti è fondamentale. È un pezzo di un quartiere abbandonato al degrado e ai rischi speculativi, e che da questi va difeso. Il terzo motivo è che chi vuole parlare di nuovi stadi o di candidature alle Olimpiadi del 2024, prima di fare tutto questo rimetta in funzione Campo Testaccio.
Detto ciò, un grazie va a tutti quei ragazzi della curva che domenica scorsa, insieme a Giorgio Rossi, e con i colori della sola passione, hanno riaperto questa vertenza nel cuore di Roma: la dimostrazione che il tifo non può essere raccontato solo come violenza, mentre è invece civismo e battaglie civili, in una città in cui tutti hanno fatto finta di non vedere, a partire dalle amministrazioni comunali che si sono succedute in questi anni. Mi auguro che ora, dal Comune e dalla Regione, ma anche dalla As Roma, che non può lavarsene le mani, avendo più volte detto di voler fare un Museo e valorizzare la storia di questa società, si dia un seguito in maniera fattiva a quelliniziativa, non solo simbolica. Bastano poche decine di migliaia di euro: unoperazione a tutto vantaggio di chi la fa».