La penna degli Altri 01/11/2013 09:49

I dieci comandamenti

Amen ai Gufi, Amen e Dieci e rode a tutti, Amen e Trenta sul campo, Amen sulla storia e così sia. Abbiamo battuto tutti apposta è stato così faticoso. Il Chievo valeva il Brasile dell’82 (ciaveva apposta gli stessi colori) ieri giocavamo mica solo contro tutti ma anche contro le nostre ansie, i nostri limiti, persino contro i nostri sogni e le nostre speranze. Ieri è stata la partita della Vita ma non come la intendono tutti, anzi tutto il contrario della partita da una botta e via, da grande gesto da poesia, ieri era la partita della Vita quella che giochi quanto ti alzi e devi andare a lavorare, quando ti annoi o quando sei stanco e devi continuare, quando sei innamorato e per un attimo sembra finito l’amore, più o meno era tutto questo che un romanista si sentiva addosso dopo il turno infrasettimanale, il + 2 così piccolo dopo la bellissima-bellissima prova del 9: era la partita della quotidianità apposta abbiamo vinto uno a zero.

Non solo perché 1 e 0 fa 10, e senza il 10 contro l’Empoli vincemmo all’epoca 1-0 per l’altra 10ecima da record ai tempi di Spalletti, ma per dare il senso del prezioso, del lavorato, del sudato, del guadagnato, del giusto, del dovuto, del sognato. Un gol per farci contenti, cos’altro serve a volte nella vita? A volte basta un gesto, una parola, una lettera, un bacio, un sorriso, un colpo di testa. Quando la Roma ha segnato ieri è successo tutto questo e tutto il peso di tutto questo è sparito via. Guardate l’esultanza dei giocatori quando Borriello colpisce al volo, sembrano farfalle che aprono le ali e volano nella storia. E’ quella che adesso abbiamo alzato in faccia a qualcuno che la faccia da tempo l’ha persa (ma co’ loro ormai giocamo a tennis: stamo 30-15...). Quando ha alzato la palla al cielo sembrava Coelho, quello del Guerriero della Luce: è in quel momento che sono caduti i gufi. Lassù ci siamo rimasti solo noi.