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La penna degli Altri 06/10/2013 12:08

La notte del capitano: «Ora tutto è possibile»

È il capitano il simbolo della regina, nella notte della consapevolezza. La sua doppietta spalanca la strada verso la gloria romanista. Con un tiro secco e angolato firma il primo gol, dal dischetto spegne le speranze di rimonta degli avversari. E al novantesimo, dopo la festa sotto la curva, è sempre a indicare la via: «Obiettivi? Ci sono un paio di squadre più forti della Roma, ma quando hai in squadra campioni di questo calibro e la testa è libera, si può fare tutto». Tutto, vuol dire anche lo scudetto. , però, frena dopo le prime dichiarazioni improntate all’entusiasmo. Sa quanto sia facile accendere la passione della capitale e preferisce mantenere i piedi per terra: «Lo scudetto non ci riguarda, godiamoci il momento e ragioniamo su una partita per volta, domenica dopo domenica. Il nostro obiettivo è entrare tra le prime tre». Una piccola bugia che non fa arrabbiare nessuno. L’incrocio tra le più belle realtà del campionato lancia la Roma e rimanda i nerazzurri. La capolista è più brava, più lucida, anche più fortunata, considerando che dopo la prima rete di Guarin colpisce il palo e che sul rigore conquistato da Gervinho il fallo diAlvaro Pereira comincia fuori. Però vince con merito. Una macchina perfetta con un in più.

Francesco è l’anima e il simbolo di un gruppo che ha qualità e forza, che alterna la spada al fioretto, che sa ciò che vuole con determinazione. I numeri del capitano spiegano meglio delle parole la sua grandezza: trecento gol in carriera compresi quelli in nazionale, 230 in serie A, 14 a San Siro con le milanesi (sette al Milan e sette all’Inter), tre in questo campionato, tutti in trasferta. Il primo a Parma, sempre di notte, quasi un anno dopo l’ultima volta. Nello scorso disgraziato campionato giallorosso, aveva segnato lontano dall’Olimpico il 31 ottobre, sempre in Emilia. Poi più niente. Ora è già a tre. E promette di sbloccarsi presto davanti alla sua gente. La musicaè cambiata. A Trigoria i veleni del passato hanno lasciato il posto all’allegria. Francesco, 37 anni appena compiuti, danza in mezzo ai rivali sbigottiti, giocando con l’entusiasmo di un ragazzino. Segna e rincorre gli avversari, favorisce gli inserimenti dei centrocampisti e prende le botte come un novellino. E festeggia perché, come dice lui, «vincere sette partite di fila non è facile. Nessuno si sarebbe aspettato un inizio così folgorante». Prandelli, seduto in poltrona, assiste ammirato alle giocate dell’eterno campione. Se continuerà così sarà difficile non portarlo in Brasile, otto anni dopo il Mondiale vinto a Berlino. Già adesso è qualcosa più di una semplice idea che però il romanista allontana: «Non ci penso e mi godo questo momento ». Ha ragione lui. Inutile correre troppo avanti con il pensiero. Anche cerca di volare basso. «Abbiamo vinto una partita difficile giocando da uomini, con il cuore, senza mai smettere di lottare. Così mi piace. ? Uno dei più grandi della storia». Il francese ha già capito tutto.

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