La penna degli Altri 29/10/2013 09:45

“Finto nueve”, tutto nacque con la grande Ungheria

 
UN GIORNO A BUDAPEST
Era il 1948. Norbert Hofling, bisonte rumeno che giocava nell’Mtk Budapest, passò alla Lazio, dove fu poi capocannoniere di squadra per un paio di stagioni, e l’allenatore della squadra ungherese, Marton Bukovi, si ritrovò senza l’ariete. Si guardò intorno e gli piacque il piccolo Peter Palotas, un centrocampista che poteva inserirsi nel gioco e fare gol, improvvisando la scorreria. Gli dette la maglia numero 9 e nacque il finto nueve che poi la Grande Ungheria della Grande Honved esaltò al massimo con Nandor Hidegkuti ai tempi di Puskas. Forse anche Di Stefano fu un finto nueve e, dicono le storie, anche l’austriaco Sindelaar, detto Carta Velina, Anni Trenta. Morì nel mistero di non voler diventare nazista.
 
DARE I NUMERI
Il finto nueve è stato ovunque: poteva essere qualcuno nello schieramento decisamente sacchiano che non prevedeva più né la fantasia del 10 né le alette, si fa per dire, alla Bruno Conti o Claudio Sala, il poeta del gol; poteva essere nella scuola olandese il Cruyff di Michels, il Laudrup di Cruyff, quando diventò una provincia dei Paesi Bassi. E Platini fu un finto nueve o un dieci vero? Baggio fu da lui bollato di 9 e mezzo; è un 10 e lode.
 
IL GUARDIOLA E IL FARO
Il rilancio del finto nueve avvenne con Guardiola al . E fu subito . Magari acquistò anche Ibra, il Pep: ma poi spostò Leo dove voleva (Leo non lui) e fece scuola e gol con il tiki-taka. Nella Spagna senza , Del Bosque giocò anche lui la carta del falso d’autore, con Fabregas.
Un po’ perché l’idea è catalana, un po’ perché non se la spiegano, per il suo finto nueve è finito sulla graticola dopo l’ultimo Clasico perduto. Ma puoi non mettere Benzema e affidarti alla punta Bale, che ha pure i cento e passa milioni che è costato che gli pesano in testa? E dalla Spagna sta rinascendo un nuovo movimento: gli Indignados del bomber.