La penna degli Altri 16/09/2013 10:26
È Parma cotto se cè De Rossi
IL ROMANISTA (D. GALLI) - Libero, centrocampista, o più semplicemente De Rossi. La Roma ha fatto 13 non vendendolo, trattenendolo, non cedendo alla tentazione di tagliarlo dalla rosa nel nome di un monte ingaggi da ridimensionare. La Roma ha fatto 13, come 13 sono le vittorie col Parma con Daniele in campo. Un portafortuna. Un indizio. Con De Rossi simpone il giallorosso, se il fronte opposto è gialloblù. Povero Parma. Ha i romani contro. Totti la usa come bersaglio, le prende a freccettate, il capitano al Parma ha segnato complessivamente 18 volte. Complessivamente. Coppa Italia inclusa, quindi. Poi cè De Rossi. Poi cè il vicecapitano, che al Parma ha segnato una volta sola, proprio in Coppa Italia (per la cronaca, per la statistica, per quel che conta: era il 17 gennaio 2007, 2-2, ritorno dei quarti). Però quando scende in campo il Parma non vince mai. O quasi.
Il bilancio è di 13 vittorie (appunto), un pareggio (2-2, stagione 2010/11) e una sconfitta. Una sconfitta. Lunica, proprio lanno scorso in quellassurda piscina del Tardini. È il 31 ottobre, in panchina siede ancora Zdenek Zeman, che in quella occasione subisce la quarta rimonta stagionale. Il Boemo schiera De Rossi regista davanti alla difesa, ruolo nel quale Daniele si è visto sopravanzare da Tachtsidis, che ora si occupa allincirca delle stesse cose, però al Catania. È lunico ko di De Rossi contro il Parma, e questo la dice lunga su quanto la scorsa stagione sia stata pessima per Capitan Futuro. La peggiore, quasi certamente, della sua carriera. La prima volta contro i gialloblù, viceversa, era stata felicissima. Parma-Roma 1-4, 29 febbraio 2004, De Rossi prende il posto di Dacourt quando mancano otto minuti al termine della partita e i tre punti sono in cassaforte da una vita. Il tecnico è un certo Capello, colui che lo aveva lanciato nel grande calcio in un Como-Roma dellanno prima.
Questione di allenatori, evidentemente. Il cambio di passo rispetto a dodici mesi fa è netto, palese, quasi lapalissiano. E se con Andreazzoli De Rossi ritrova la serenità persa con Zeman (per colpa dentrambi, per un feeling che non sboccia mai, come un giorno ammette lo stesso Daniele), è con Garcia che Daniele ingrana la quarta. Il merito, dicono a Trigoria, sta a monte. La squadra è decisamente più matura, con più anni e attributi e De Rossi non è costretto dagli eventi, dalla rosa, a caricarsi sulle spalle tutto il fardello. Può giocare con più semplicità perché sa che un eventuale errore in fase di smistamento non compromette nulla, non ha addosso tutta la pressione del mondo perché accanto da una parte ha un Everest di neuroni e fibre muscolari, ha le leve lunghe e il cervello fino di Strootman, mentre dallaltra ha leleganza del genio, la raffinatezza delle leve corte, ha Pjanic che usa le posate adatte, che non inforchetta ma preferisce il cucchiaio. Con un centrocampo così, Daniele vive leggero, si sgancia, conclude in porta e a volte, la porta, la prende. La scorsa stagione non cera mai riuscito, col Livorno ha colpito al primo affondo. «Ho ringraziato il dio del calcio», spiegava venerdì Sabatini. Pure noi.