La penna degli Altri 17/09/2013 11:31

Capitano, mio capitano

Nemmeno quattro mesi dopo, appena quattro partite dopo, la lazio è stata umiliata in Supercoppa e ridimensionata a Torino in un bis comico, i suoi tifosi contestano la squadra in uno stadio vuoto per protesta e per disaffezione, con un presidente che gli consiglia di prendere l’alka-seltzer e dice di non curarsi di loro perché - dice - in fondo i tifosi non ce li ha, non ci sono, non vanno alla stadio. Un altro modo per dire quello che una volta ha detto: la lazio non esiste. La Roma invece c’è. Esiste. E resiste. Ti fa male, ti fa maledire tutto, in primis l’amore tuo per lei, ti fa sanguinare l’anima, ma poi sta lì, rinasce, non è mai andata via, batte e ribatte, sogna, cade, si rialza, segna, vince. Vive. La Roma è vita: non si fermerà mai alla sterilità di una data.

Quattro mesi dopo, quattro partite dopo la Roma è prima. Prima. Solo tre giornate, tutte neo promosse (ah no, una no, ’sto ritornello già non è più bono), tutto quello che vi pare, ma dopo quella cosa di fine maggio la Roma è arrivata a giocare il derby da prima in classifica: ha fatto l’unica cosa che doveva fare. Fate quello che volete. Dissimulate, sorridete, sminuite, gufate (ah quanti bei commenti al termine dei primi tempi) la Roma è prima, alza la testa come la doveva rialzare e non trova nessuno. Al di là di tutto, questo primato ha questo effetto simbolico, persino ottico, ha questo significato: quello di una risposta. Parzialissima, irrisoria, probabilmente provvisoria, ma vera, ottenuta, reale. Il senso è quello di una lezione imparata dalla Roma e da insegnare ancora e sempre agli altri.

La lezione della storia: 3-1 al Parma gol di (e gli altri segnati dal piccoletto alla Montella, e da quella diga, quella biga, quel treno merci umano dell’Olandese fumante con una botta alla Batistuta). O no? Ci sono dei limiti che non vanno travalicati, ci sono delle cose che vanno rispettate. Ci sono delle differenze e sempre ci saranno. Paragonate il rigore di ieri a quello di Osvaldo a Genova e capirete tutto. Basta un tiro. Il gesto di prendere la palla. Di rifare la storia. È bastato un minuto per mandare via le paure, le ricadute, le recidive, con la botta di . E a quel minuto, il primo minuto di quella che in tutti i sensi è stata la ripresa, sommateci i 70 che sono quelli passati per il gol del vantaggio e del primato ritrovato: il totale fa semplicemente tutto: . Uno stop come dire alla palla, fermati stai qua, sei sempre stata mia, adesso c’abbiamo da fa’, ancora un momento, il tempo infinitesimale del gusto e dell’attimo prima dell’attimo mentre tutti gli altri aspettano. L’attimo in cui si fanno le differenze. La Roma è prima, alza la faccia e ritrova la stella, alza la faccia ed è quella che alza in faccia alla Lazio come uno specchio: lo spettro della sua storia.