La penna degli Altri 06/06/2013 13:22
De Rossi, la maglia preferita è quella azzurra
CORSERA (A. BOCCI) - Nella nazionale dei due blocchi c'è un solo intenso, ma non uno qualsiasi: Daniele De Rossi. A Praga, snodo cruciale verso il Mondiale del Brasile, saranno in campo sei juventini, quattro milanisti e lui, contestato a Trigoria e amato da Prandelli, che, nella scala gerarchica azzurra, lo mette dietro solo a Buffon e Pirlo. Daniele ricambia con prestazioni eccellenti e gol, quattro nell'ultima stagione in nazionale. Nella Roma, invece, un altro giocatore: involuto, spento. Come fosse rassegnato. Perché tanta differenza? «Forse perché noi non gli chiediamo di risolvere le partite da solo», l'affondo del c.t. contro i giallorossi, o meglio contro Zeman.
De Rossi a Coverciano è un'altra persona, lo spiegano anche i suoi compagni: «Lo vedo sereno e sorridente, come al solito», racconta il suo compagno di reparto Riccardo Montolivo. La settimana di vacanza avrà senz'altro contribuito a cancellare la rabbia per la sconfitta nel derby di Coppa Italia, ma qualcosa a Roma non va e quel soprannome ingombrante, capitan Futuro, rischia di diventare un fardello. I tifosi se la sono presa con lui o meglio, anche con lui, accusandolo di scarso impegno, di guadagnare troppo, di non fare vita da atleta, soprattutto di aver tramato contro Zeman.
Nel calcio i risultati cambiano gli umori e spostano i giudizi, a Roma e nella Roma molto di più. De Rossi lo sa. Ma qualcosa nel suo rapporto stretto, esclusivo, con la città si è perso. E quella di domani sera a Praga potrebbe essere la sua ultima esibizione azzurra da giocatore della Roma. Come l'anno scorso e in parte a gennaio, Daniele è al centro delle trattative. Non è bastato il rinnovo del contratto a metterlo al riparo da certi discorsi. Anche lui, forse, è meno motivato a rimanere. Negli anni d'oro ha sempre respinto con fermezza qualsiasi proposta, inorgoglito dall'idea di diventare il capitano dopo Francesco Totti.
Dall'estate scorsa le certezze hanno lasciato il posto ai dubbi, adesso più forti. De Rossi, alla soglia dei trent'anni (li compirà il 24 luglio), è atteso dall'estate che chiarirà il suo futuro: o va via adesso, o mai più. Mourinho lo vorrebbe al Chelsea, Ancelotti è pronto a chiamarlo al Real Madrid. Ma la Roma, ancora più nel caos dopo le dimissioni di Franco Baldini, non può pensare di incassare 3o milioni. E il contratto del giocatore, vicino ai sei milioni di euro, rischia di essere un ostacolo. Il futuro, insomma, è nebuloso, come la panchina giallorossa che non ha ancora un padrone. Se lo diventasse Roberto Mancini, come spinge una larga fetta della tifoseria, le cose potrebbero cambiare.
Tutto, però, è prematuro. De Rossi, in questi giorni, ha promesso di isolarsi. Sorridente, disponibile con i tifosi, concentrato sulla nazionale. E nelle partitelle sotto la pioggia di Coverciano ha risposto alla grande. Domani sera non sarà solo l'intruso fuori dal blocco Juve-Milan, ma il più prolifico tra i titolari con 14 reti azzurre, tre più di Pirlo. Per vincere a Praga e staccare il biglietto per il Mondiale potrebbe servire un suo gol o magari un assist Prandelli si accontenterebbe di una partita da De Rossi. Come sempre in nazionale. Dottor Jekyll e mister Hyde. Che sia diventata azzurra la sua maglia preferita?