La penna degli Altri 03/02/2013 20:28

Leggende romane

Ma i numeri vanno contestualizzati. Capello ha aperto il millennio ma a Roma era già arrivato l'anno prima. Cinque stagioni complessive, un ciclo, con vittorie e rimpianti, ma comunque un ciclo, prossimo alla chiusura fisiologica, cancellato dall'offerta juventina). Il primo addio dunque, attraverso dimissioni, non è un caso addebitabile al mitizzato 'ambiente' mangia-allenatori, che risulta essere una bella leggenda metropolitana. Arriva Prandelli, e il decoro impone di ricordare soltanto che all'inizio del campionato non arrivò, per serie questioni private. Quindi un tecnico con l'asterisco, nonostante agli albori del 2004-05 si intuiva che lo spogliatoio, l'ambiente (in questa stagione sì) fosse una polveriera in cui Cassano fungeva da cerino acceso. Arriva Voller, lo presenta l'uscente Baldini, ma il Tedesco scappa, è una stagione maledetta, in cui Ezio Sella (oggi vice Malesani) dura, ma si sapeva, una partita, quella dell'interregno giocata a Madrid. Ecco Gigi Delneri, una specie di Susanna Tamaro della panchina. Un successo clamoroso, al Chievo (ma saremmo ingenerosi se non citassimo anche gli ottimi risultati raggiunti a Bergamo e sponda Samp), poi tanti flop, tra cui quello di Roma. Fugge, anche lui, per distonia con l'ambiente. Poco calato nella mitizzata e famigerata 'romanità' (un giorno magari depositando il marchio qualcuno ci spiegherà di cosa si tratta), poco simpatico ai media, con titoloni a nove colonne che più che notizie parevano consigli ("Esoneratelo!") per l'allontanamento. Si chiude con Bruno Conti, un anno da cancellare.

Poi ecco Luciano Spalletti, accolto male, salutato male. In mezzo, tanti anni di gloria e rimpianti, una vera storia d'amore, chiusa nel settembre 2009, quando arriva Claudio Ranieri che confeziona un miracolo nel primo anno che contribuisce a smontare nel secondo. Fino alle dimissioni. "Serviva una scossa", dirà. La Roma a Vincenzo Montella, tre mesi e i saluti. Troppo lineare confermarlo nella Roma discontinua costruenda e piena di dubbi potenti che passa prima a Luis Enrique, poi a Zeman. Due modi opposti di porsi coi calciatori. Stessi risultati. Fallimentari. Uno si dimette, l'altro viene esonerato. Ci sta, soprattutto se con gruppi di calciatori diversi i risultati risultano comunque pessimi.

Però a Roma il cambio di allenatore diventa spesso uno psicodramma. Coi protagonisti che per qualcuno sono infami, per altri martiri. "Solo a Roma si cambiano così tanti allenatori", il motivetto confutato dai numeri. e dal 2000 hanno cambiato 14 allenatori, 2 più della Roma. Ok, sono anche ripartite dalla C dopo il fallimento, ma allora citiamo l'Inter, quella che in mezzo ha vinto tutto. 12 allenatori, come la Roma. e Lazio arrivano a 10. Unica in controtendenza, il Milan, che ha avuto dal 2000 'solo' 6 allenatori. Ovviamente non citiamo il Palermo che tocca quota 28, il Cagliari a 26, il a 22. Parliamo di alta classifica e la Roma è in media. Ingiusto scaricare le responsabilità di tutti su una sola figura professionale, ma quando le cose vanno male, e la Roma ha perso lo stesso numero di partite vinte in campionato, serve uno choc. E spesso la scossa arriva dal cambio allenatore. Stavolta ha pagato Zeman. Non l'unico colpevole. Ma comunque colpevole. 

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