La penna degli Altri 23/02/2013 10:59

La Roma cambia film. Dai cowboy allo sceicco



Immortalati dal fotografo Ferdinando Melezzani in scatti che al mistero sulla biografia del socio arabo di cui da un anno la partecipata Neep, proprietaria del 60 per cento della Roma, attraverso i suoi advisor americani controlla la solvibilità, aggiungevano il brivido western dell’eversione. Una nuova frontiera, la vicinanza tra Qaddumi e Padovano (né referente di mercato né mediatore, ma solo carissimo amico e consigliere senza galloni sul variegato mondo del pallone) che alle ombre sui pregressi dell’imprenditore (si sussurra di tre tentativi falliti, l’acquisto della scuderia Toro Rosso, dell’Acqua Marcia da Caltagirone e quello dell’Hotel Eden) regalavano ulteriore magia allo ‘scatto’ d’insieme. Una società, la Roma, che aspetta la ricapitalizzazione dal lontano giorno in cui si insediarono gli americani (per ora al necessario e al superfluo ha provveduto chi vorrebbe evadere dell’equivoco, Unicredit). Un presidente all’estero. Due dirigenti (Baldini e ) a tessere un complicato filo oltreoceano fitto di referenze, sinergie, aspettative e illusioni.



In questo quadro, l’arrivo di Adnan Qaddumi è un ritorno. Tramite un intermediario italiano, l’avvocato Maurizio Scuderi, Qaddumi si era già avvicinato alla Roma prima che la stessa finisse in mani Usa. Un’offerta di cento milioni e un piano industriale di altri cento che con grande dispetto del suo entourage non venne presa in considerazione perché si disse (e si scrisse) del denaro sarebbe mancata la tracciabilità. Dei bambini, come degli sceicchi non si sa niente. Qaddumi non fa eccezione. È nato a Nablus. Ha una nazionalità in bilico tra Giordania e Arabia Saudita (qualcuno si è spinto a considerarlo membro della famiglia reale), ha una srl di proprietà, l’Amyga. Una carriera imprenditoriale di medio profilo tra Roma e Perugia, una grigia casa di ringhiera con la parabola in terrazzo, molto distante da una reggia, scovata ieri da due curiosi giornalisti di Umbria 24. A meno di un caso di clamorosa omonimia o del tocco felliniano della copiosa, sconfinata eredità ricevuta e solo di recente sbloccata (che ieri ne proiettava la figura nei dintorni di tutti gli sceicchi bianchi visti ultimamente nel calcio italiano), Qaddumi, una moglie impiegata al comune, un figlio carabiniere, conduce un’esistenza molto parca, ordinaria. Nel 2005 scambiava mail sul sito del Corriere post 11 settembre con Magdi Cristiano Allam.



Lontana anni luce dalle follie che pure in zona, con Al Saadi Gheddafi protagoniste delle notti all’Hotel Brufani, avevano accumulato una fitta aneddotica sulla voluttà del ricco principe in trasferta. Ora, una volta terminati i controlli, se per gli americani andrà bene, l’uomo di origini palestinesi alle prese con un’inedita alchimia tra America e mondo arabo sbarcherà a Roma. Liberando l’istituto bancario da un peso, facendo come già accaduto altrove con cocenti delusioni, sognare la piazza. Lo sceicco nel calcio è un cinepanettone. Un serial. Una saga. Può finire bene (fino a quando?) nel complice silenzio e nell’aggiramento costante del fairplay finanziario tra Parigi e Manchester. O regalare incubi.



Zamparini attese per mesi che i soci arabi e i 300 milioni da investire “per vincere lo scudetto in tre anni” uscissero dalla lampada di Aladino. Niente mille e una notte. Palermo oggi ultimo in serie A. Tim Barton, quasi omonimo del regista, a Bari diede vita a un sublime film da dopoguerra con bagni di folla e promesse di grandeur: “Andremo in ” e poi fuggì mestamente a Dallas, dove il bravo Foschini di Repubblica scoprì che in à il rosso profilo dell’uomo che si proponeva di interrompere 25 anni di dominazione matarresiana non somigliava a Gei Ar e la vita di Barton e il suo “straordinario” patrimonio scorrevano in 40 metri quadri di periferia. Poi Joseph Cala, Salerno e tutti gli altri zii d’America dalle molteplici nazionalità arrivati con la valigia piena di proclami. Càpita.

Il paradosso è che la Roma di stanza a Trigoria e la banca italiana tra una contestazione e una risalita inattesa in classifica di questo processo non possono controllare né decidere nulla. Ogni valutazione è altrove, le voci si rincorrono (la Roma smentisce, ma la partecipazione di sarebbe più di un’ipotesi) e anche le prime parole di Qaddumi: “Siamo in fase di trattativa, ma la stessa è molto seria e con Roma c’è un legame speciale” rimandano ad altri interlocutori. Che ci sia ancora un indizio di prudenza, nonostante si voli in borsa (+ 9,7%), ci sia l’accordo preliminare e siano alle viste due aumenti di capitale da 50 milioni l’uno si intuisce dal comunicato ufficiale: “L’efficacia di tale accordo è subordinata all’avveramento di determinate condizioni, secondo una tempistica a oggi non prevedibile”. Fiducia sì, ma con il paracadute nell’angolo.