La penna degli Altri 06/11/2012 11:00

Arbitri, errori sempre più gravi In rosso la gestione Nicchi-Braschi

La buonafede di arbitri e assistenti non è in discussione, così l’uso della moviola a bordocampo è tecnicamente impossibile (se non per casi specifici, tipo la testata di Zidane a Materazzi o il gol/non gol), ma è evidente che la gestione della coppia Nicchi (presidente Aia) e Braschi (designatore della A) non garantisce un adeguato grado di preparazione a chi va in campo. Tre ragioni aiutano a capire che cosa sta succedendo. La prima. Si va sempre in campo: da arbitro centrale, da arbitro di porta o da quarto uomo. A tutti sono stati garantiti guadagni adeguati a chi è professionista (150.000 euro all’anno a salire) e allora bisogna impiegarli, anche dopo errori importanti. Il concetto di un arbitro che riparte dalla serie B dopo un paio di turni di stop per un errore grave è tramontato. Tre giorni dopo Catania-, era già in campo come arbitro d’area di Cagliari- Siena e due giorni fa era a Siena- . E questo anche perché con gli arbitri d’area gli impegni sono aumentati, mentre è rimasto invariato l’organico della serie A: 21 fischietti, salvo estemporanee integrazioni.

Seconda ragione: pensando di dividere le responsabilità, l’esatto contrario dello spirito arbitrale, Nicchi ha immediatamente dato il via libera agli arbitri d’area. Ma l’ha fatto in modo confuso, senza procedere ad un’adeguata preparazione tecnica della «squadra», con specifica assegnazione dei ruoli. La novità dei due giudici ha dato risultati ottimi a Euro 2012, perché, oltre al collaudo nelle coppe europee, Collina aveva provveduto a costruire le basi per un’adeguata preparazione. Qui invece è il caos, perché tutti fanno tutto, con arbitri internazionali che finiscono sulla linea di porta e sovrastano nelle decisioni l’arbitro centrale (vedi Rizzoli). Persino il presidente della Figc, Abete, ieri ha ammesso: «Ci sono automatismi che devono essere migliorati». In più stanno vivendo un’annata negativa gli assistenti, che sbagliano troppo sul fuorigioco e che non vogliono più prendersi responsabilità su episodi che avvengono a due metri da loro (il rigore non dato al Catania con l’Inter; il fallo di Lichtsteiner, in -Inter, per «un’espulsione dovuta», come ha detto lo stesso Abete).

La terza ragione: anche se nessuno è pronto a riconoscerlo, è evidente che Nicchi, urlante in Consiglio federale, nel tentativo (riuscito) di salvare il posto nel governo della Figc, ha inciso su alcune designazioni in questi primi due mesi e mezzo di attività, anche perché è aperta la campagna elettorale, che porterà alle elezioni di sabato (lotta dura fra Nicchi, che punta alla riconferma e Boggi, che ha denunciato anche episodi inquietanti). Di certo l’insistenza con la quale Nicchi e Braschi hanno parlato di semplici errori, ma di una squadra con grandissimi arbitri non aiuta i fischietti e nemmeno gli assistenti a crescere e a migliorare, anche attraverso il confronto (e lo scontro) tra personalità forti. E soprattutto è sparita la rigida preparazione sul campo dei tempi di Collina.