La penna degli Altri 01/10/2012 09:30
La rivoluzione in campo e fuori è un fallimento
Pallotta viene per posare metaforicamente la prima pietra del nuovo stadio. Fa bene, perché la Roma, come tanti altri club di serie A, ne ha bisogno. Non è, però, il primo intervento che serve in questi giorni. Il presidente rappresenta la proprietà che, però, è troppo distante. Il quartier generale è a Boston e non a Trigoria. Oggi più che in passato la voce, forte e decisa, del padrone si deve sentire negli uffici della sede e negli spogliatoi del centro sportivo Bernardini. Invece di Pallotta, parlano altri. Per ripetere che prima era peggio, per ricordare gli errori dellultima gestione societaria e per dire che finalmente cè un progetto serio. E, invece, il momento di voltare davvero pagina. Di guardare avanti e non dietro. Perché poi sono i dirigenti giallorossi a rimproverare a Zeman di tirar fuori i rancori sulla Juve del passato e alla fine anche loro si comportano alla stessa maniera. Criticando chi non cè più e mettendo in secondo piano il futuro che è poi lunica cosa che interessa alla gente.
Pallotta deve subito risolvere il primo problema. Che non è il nuovo stadio, lo ripetiamo. Subito una riunione con il management italiano, con il dg Baldini, il ds Sabatini e lad Fenucci. Solo questultimo ha responsabilità meno evidenti sulla falsa partenza di questanno dopo il fallimento nella scorsa stagione. Fenucci ha lo stipendio e la carica di amministratore delegato, ma tutti sanno che il vero ad è Pannes, pure lui distaccato negli Usa.
Baldini e Sabatini, invece, sono al centro della discussione. Il direttore generale continua a ripetere frasi che di giorno in giorno lo allontanano sempre più dalla capitale. Si racconta stanco, forse perché, ora anche ufficialmente, depotenziato. Anche lui dipende da Pannes. Per Baldini questo è un affronto, perché era stato chiamato per essere punto di riferimento degli americani e invece non lo è più. Presto dirà a Pallotta di scegliere uno tra lui e lad statunitense. Il dg, dopo aver sbagliato (sua ammissione) a ingaggiare Luis Enrique lanno scorso, è nel mirino dei bostoniani perché troppo spesso lo vedono fuori dal coro. Sia a parole che nei fatti. In più gli cominciano a rimproverare pure la scelta di Zeman, fuori dal podio dopo laddio dellasturiano e ripresentato più per accontentare la piazza e fare subito un discreto numero di tessere che per convinzione.
Sabatini è in una posizione più solida rispetto a Baldini. Ma le sue frasi dopo la partita di Torino, simili a quelle del dg dopo il 4 a 2 subito a Lecce nel campionato scorso, certificano la bocciatura del mercato. «Abbiamo sopravvalutato alcuni giocatori che non sono allaltezza della situazione» lammissione del ds che se la prende per primo con se stesso. Sbagliati, anche per lui che li ha fatti, diversi acquisti di questanno come gran parte di quelli del 2011. Il saldo negativo della doppia rivoluzione registra investimenti, al netto delle cessioni, per 70 milioni (44 un anno fa, 26 questestate). Mandati via Kjaer, Heinze, Josè Angel, Gago, Bojan e Borini, ora trovano spazio sul banco degli imputati in nuovi Piris, Tachtsidis e Balzaretti che si aggiungono ai confermati Stekelenburg, Pjanic, Lamela e Marquinho.
In attesa di Pallotta che, oltre a fare un bel discorso alla dirigenza, si dovrà far sentire anche con i giocatori, Baldini e Sabatini domani parleranno per la prima volta alla squadra. Per dire a tutti che così, senza anima e voglia, non si può andare avanti. Anche perché la classifica è orribile da guardare e cè pure lipotesi che la Corte Federale decida di cancellare la vittoria a tavolino contro il Cadliari, disponendo di far giocare la partita cancellata due domeniche fa. In più contesteranno a De Rossi, magari convocandolo in separata sede, le parole dette in diretta tv dopo lumiliante sconfitta di Torino. Chiedendogli di fare il giocatore e non il dirigente. Proprio quanto Baldini, un anno fa, pretese da capitan Totti.