La penna degli Altri 10/10/2012 11:27

La partita più sporca

 
IL FAX DIMENTICATO Di quella partita, probabilmente, nessuno si ricordava più da molto tempo. Fino a quando qualche mese fa Repubblica scova, tra le carte depositate e ignorate dal procuratore della Figc Palazzi, un fax. È un documento nel quale Micolucci, ex calciatore dell’Ascoli, già testimone chiave del processo di Cremona, denuncia una serie di partite “fatte” dal Bari della stagione 2009-2010. Letto quel fax sulle pagine del giornale, il procuratore di Bari, Antonio Laudati, decide di indagare. Chiama tutti i giocatori e li interroga, chiama i loro referenti in à, gli uomini dell’entourage, i loro amici, analizza telefonate e flussi economici. Insieme ai carabinieri del nucleo operativo ascolta tutti e alla fine, nei giorni scorsi, tira una riga. Ecco, se si potesse immaginare il punto esatto in cui il pallone in Italia ha smesso di essere un sport, bene, il punto esatto è su quella riga.
 
LA PARTITA La ricostruzione dei fatti («documentatissima », spiega un investigatore) sembra una sceneggiatura. «Quel Bari» era una squadra super. In campo. E in ricevitoria. Salernitana-Bari fu il capolavoro. Il Bari era promosso. La Salernitana si doveva salvare. Due giocatori della Salernitana, Fusco e Ganci contattano alcuni loro amici all’interno dello spogliatoio del Bari. Vogliono, anzi, devono comprare quella partita. Due tra i giocatori del Bari sono particolarmente recettivi, Stellini e Gillet. L’offerta non è chiara: sul tavolo balla una cifra tra i 200 e i 300mila euro per perdere. I senatori ne parlano all’interno dello spogliatoio. Si discute. Alla fine si accetta. Il primo incontro con quelli di Salerno avviene in uno spiazzo autostradale, a conferma del «perfetto stile malavitoso tenuto dai calciatori» dicono gli investigatori, che è uno dei tratti distintivi di questa inchiesta.
 
LA VALIGETTA Tratti distintivi che si individuano anche nella modalità con cui avviene il pagamento. In quella piazzola viene deciso che emissari della Salernitana avrebbero visto la partita insieme con la compagna di uno dei calciatori del Bari. E, a risultato conseguito, avrebbero lasciato la valigetta con i soldi. «E il risultato conseguito — riflettono gli investigatori — fu un 3-2, un over... «. Come dire: hanno venduto la partita e hanno passato l’imbeccata agli scommettitori, per arrotondare. La voce passa per le ricevitorie di Bari. La intercetta persino un carabiniere. Che non indaga. Ma scommette pure lui (ora è nei guai). Si gioca. La Salernitana vince 3-2. E all’indomani del match, non resta che dividere il bottino. L’inchiesta di Laudati e dei carabinieri, per la prima volta, è riuscita a violare in blocco il segreto di uno spogliatoio. E a scoprire come vennero divisi quei soldi. I senatori, su tutti Gillet, Stellini ed Esposito, prendono le fette più grosse. Agli altri vanno quelle più piccole. Tanto più piccole quanto minore era stato il ruolo nella combine.
 
RANOCCHIA Tutti i giocatori sono indagati, adesso. Sono stati interrogati e molti hanno rifiutato di rispondere. Dubbi ci sono soltanto su due di loro: Ranocchia e Gazzi. Il centrocampista del Torino, secondo alcuni testimoni, inizialmente rifiutò la propria parte e poi fu costretto ad accettare un computer “in omaggio” (una forma di vincolo imposta dal gruppo). Quanto a Ranocchia le voci dei testimoni si contraddicono: secondo qualcuno prese la busta. Secondo altri rifiutò. La procura di Bari è ormai pronta a chiudere l’inchiesta. Ma a terrorizzare i calciatori sono i processi sportivi. Ranocchia, ad esempio, rischia un’omessa denuncia.
 
LA POSIZIONE DI  Il fax dimenticato da Palazzi questa estate è destinato a tornare sulla scrivania dello 007 federale (nel frattempo riconfermato nel suo ruolo da un Abete in scadenza di mandato) sotto forma di inchiesta fatta e finita: illecito sportivo aggravato. Per i giocatori si profila una condanna memorabile. La posizione più incerta rischia però di essere di nuovo quella di , sul quale incombe un altro possibile deferimento (“solo”) per omessa denuncia. era l’allenatore di quel Bari. Oggi è l’unico a non essere indagato. «Quando uno spogliatoio decide di tenere nascosto qualcosa al proprio allenatore, allora non c’è modo di sapere nulla», è stata la difesa del tecnico. La sua versione è stata confermata dai giocatori: «Non ne sapeva niente», hanno detto tutti. Tutti, tranne uno: ha raccontato di aver avuto l’impressione che avesse capito perfettamente come quella partita fosse stata «ceduta », tanto che si raccomandò, prendendo a uno a uno i suoi, di non fare sciocchezze, di giocare al massimo. È sufficiente per un deferimento? Molto dipende dalla risposta che si vuole dare a due domande che girano nella testa degli investigatori: possibile che un allenatore noto per la sua attenzione maniacale ai dettagli, non si sia accorto — per due volte, a Bari e a Siena — che i suoi spogliatoi erano diventati un suk? E perché scegliere sempre Stellini come vice?