La penna degli Altri 27/09/2012 10:28
La Roma ci ricasca. LOlimpico è tabù
LA TATTICA - Cera una volta il quattro-tre-tre. Può sembrare strano dirlo quando in campo cè una squadra boema con accento romano. Eppure Roma e Samp che si sono schierate in campo con il modulo a specchio, costringeranno i docenti di Coverciano ad aggiungere perlomeno un capitolo al libro di testo griffato Zeman. Perché Zdenek può pure alzare le spalle se i dogmi non vengono rispettati avendo la possibilità di mettere in campo un ragazzo di trentasei anni che continua a dipingere calcio. E perché, soprattutto, i numeri di Ferrara sono un optional buono per le dichiarazioni della vigilia. Ovvero sempre almeno nove uomini sotto palla, il maratoneta Pozzi (almeno fino a quando è stato in campo) in volontario olocausto nelle praterie dove faceva una fatica del diavolo a trovare uno vicino che indossasse la sua stessa maglia, obiettivo primario non far giocare gli avversari piuttosto che pensare a giocare in proprio. Il risultato è stato, tolti i dieci minuti iniziali, un crescente dominio della Roma che, peraltro, alle previste assenze di Osvaldo e Pjanic, inizialmente ha preferito aggiungere anche quella di De Rossi tenuto in panchina magari pensando che sabato prossimo si andrà a Torino dalla Vecchia Signora per la madre di tutte le partite. Al punto che il solo gol di Totti, alla fine del primo tempo ai tifosi giallorossi, non poteva non lasciare un che di amaro in bocca per il tanto creato e il poco raccolto.
Solo Destro (il ragazzo sembra ancora un po imballato) ha avuto, prima e dopo il destro vincente del capitano romanista, due nitide occasioni per festeggiare la sua prima volta in giallorosso, una volta innescato da Totti, unaltra da Balzaretti, sempre respinto da un attento Romero. Il tutto arricchito da un sinistro fuori del mancino arrivato da Palermo, una spizzata di traversa di Totti (ma era un cross), un piattone a colpo sicuro, anzi troppo, di Lamela. (...)
METAMORFOSI - Sembrava che la situazione non potesse cambiare allinizio della ripresa quando, un minuto non era ancora passato, Maresca si è fatto espellere per somma di ammonizioni dallarbitro Mazzoleni la prima sacrosanta per un fallo di mano volontario, la seconda per un fallo su Lamela. E invece, dopo unaltra manciata di occasioni fallite dai giallorossi per colpevole leggerezza, ci ha pensato Stekelenburg a rimettere in partita la Doria: un tiro-cross di Berardi dava ragione al ct olandese Van Gaal, lorange non tratteneva il pallone, Munari non ci credeva ma ringraziava ribattendo in rete. E qui è cominciata unaltra partita. Con la Roma, in evidente calo dinamico come era successo con il Bologna, che provava a rimettere la testa avanti e la rinata Samp capace di ripartenze che aumentavano a dismisura la tachicardia del pubblico romanista (clamorosa unoccasione sprecata da Icardi, recuperato da un Castan apparso il migliore del quartetto arretrato). Incredibile, se non si fosse già vista, la metamorfosi della squadra zemaniana, incapace di dare brillantezza alla sua manovra, facilitando il compito di una Samp che con un uomo in meno aveva trovato il migliore degli alibi alla filosofia con cui era scesa in campo, rischiando pure in almeno due ripartenze di ripresentarsi in solitudine davanti allorange impaurito.
La voglia di vincere dei giallorossi si è trasformata in gambe molli e testa in acido lattico, giusto tre colpi di testa, prima De Rossi (non certo al meglio), poi Lamela, infine Balzaretti nel recupero (il più pericoloso, bravo ancora Romero), hanno messo in dubbio limbattibilità della Doria che forse, finché i risultati gli daranno ragione, fa bene a giocare così. (...)