La penna degli Altri 24/09/2012 09:53

Cellino: «Ho voluto evitare il caos»



Quand’era un “bad boy” faceva spesso disperare papà Ercole, che, alla fine, spedì il rampollo in Australia per allontanarlo dalle cattive amicizie e da altre voci ancora peggiori, un possibile sequestro di persona. Era il lontano 1978, Massimo Cellino, classe 1956, da allora è cambiato poco o nulla, almeno nel carattere. Ha fatto sempre il guascone: a casa, sui banchi di scuola, nei caffè della “Cagliari bene” e ora nel calcio. Oppure ha fatto e fa ancora il “ducetto”, con un decalogo ristretto al solo comandamento: «O con me o contro di me». Massimo Cellino è stato e continua a essere un provocatore, che nel 2003 annuncia all’Ansa: «Ho un dossier esplosivo che farà saltare in aria la bolla del calcio italiano», ma quelle carte nessuno le ha ancora o mai viste. O se volete, è stato ed è ancora un ribelle. Non solo nella vita, ma anche nella musica, con quella passione dichiarata per il rock duro, tanto da fondare un band, i Maurilius, e avere in bacheca non si sa bene quante chitarre elettriche.



E per finire qualcuno, a Cagliari, dice che negli ultimi mesi, è stato persino ingrato e lo dice per due motivi. Primo, aver obbligato la squadra di “tutti i sardi”, è così dallo scudetto di Gigi Riva in poi, a traslocare l’anno scorso nella lontana Trieste. Secondo, aver piazzato questa stagione sulle gloriose maglie rossoblù, il marchio della Tirrenia, società di navigazione poco amata da “tutti i sardi”. Insomma, un doppio affronto. Ma Cellino è fatto così: prendere o lasciare. Dal 1992 quando con un bel po’ di miliardi delle vecchie lire, in contanti e frutto degli ottimi affari della ditta di famiglia, la Sem Molini, grano, pasta e affini, acquista il da alcuni imprenditori locali, che anni prima avevano salvato il sodalizio dal fallimento. Guarda caso anche allora il padre di Cellino non è d’accordo con gli affari del figlio, ma a vincere è ancora chi diventerà quell’anno uno dei più giovani presidenti della Serie A e oggi è quello in sella da più tempo, vent’anni, davanti anche a Berlusconi.

Nella sua lunga carriera sul prato verde, il patron rossoblù ha continuato a fare da cattivo e si è subito conquistato la fama di mangia allenatori, con oltre venti licenziamenti in tronco, compreso quello clamoroso di un’icona, Giovanni Trapattoni. Perché Cellino è stato e continua a essere così: un uomo sopra le righe. Che ha avuto più di una disavventura giudiziaria: nel 1996, la guardia di finanza lo arresta per aver truffato l’Unione Europea con la compravendita di grano e lui, rinchiuso in carcere, dà ordine al suo staff: «Voglio magliette e scarpini per i detenuti». Poi prima di essere processato, sceglie la scorciatoia del patteggiamento, un anno e tre mesi, ma poi andrà in giro a dire: «Mi hanno incastrato perché sono uno scomodo».