La penna degli Altri 19/07/2012 10:01

Totti è sempre la «gioia» di Zeman

Così come sono bastati un paio di allenamenti, quest’anno, per capire che in 13 anni niente era cambiato. Loro due, soprattutto, non erano cambiati. In questo periodo non si sono mai persi di vista: rapporti umani forti (Zeman era, ad esempio, alla festa prematrimoniale di Francesco a Villa Miani), rapporti professionali di stima reciproca. Sempre. Anche quando le cose, per l’uno o per l’altro, andavano male. «Il mister è unico e inimitabile», le parole di il giorno della promozione in Serie A del . Zeman, in passato, si era spinto spesso anche più in là: «Francesco è il miglior giocatore che ho mai allenato e quello più forte al mondo negli ultimi dieci anni. In Italia in 50 anni sono nati tre fuoriclasse: uno è Rivera, l’altro è Baggio e il terzo è ».

Se n’è innamorato fin dal primo giorno. Da quando il boemo lo chiamava «gioia». E in effetti gioia per lui lo è sempre stato. E viceversa. È con Zeman in panchina che è diventato - 31 ottobre 1998, Roma-Udinese - è con lui che ha segnato il primo gol al derby, è con lui, e per lui, che ha imparato a mettere il suo talento al servizio della squadra più di quanto non facesse prima. Il lavoro tattico fatto in quegli anni è stato «il più importante della mia carriera», disse Francesco ai tempi di Spalletti: «Era dal periodo di Zeman che non facevamo un lavoro tattico così attento, non curavamo il particolare non provavamo soluzioni come adesso». Anche con Spalletti, perlomeno i primi anni, il rapporto era strettissimo. Simile, per molti aspetti, a quello di ieri e di oggi con Zeman.

Entrambi sono maturati ma lo spirito quello è: si allena e continua a scherzare, Zeman lo fa allenare e continua con i suoi silenzi (intervallati da qualche canzoncina fischiettata qua e là) e le sue battute pungenti. Lo provoca, lo stimola e riesce sempre a tirare fuori il meglio da lui. A Vienna si è alzato solo due volte dalla panchina: una per rimettere in campo il pallone, un’altra per parlare proprio con . Il quale, nel secondo tempo, appena fatta la doccia si è messo seduto in panchina accanto al suo allenatore. Perché è bello stargli vicino.