La penna degli Altri 16/07/2012 10:07

Palle, palloni e i particolari da cui si giudica un allenatore

Se ci fosse stato Luis Enrique era finita, ieri si sarebbe chiesto la testa dell’allenatore (con la ghigliottina, ben inteso) e l’esilio da Roma per i suoi discendenti fino alla quinta generazione. Luis Enrique è il passato, si dirà, ed è vero, ma si sa il passato non si dimentica, non tanto perché così canta la (e sarebbe motivo già più che sufficiente) piuttosto perché soltanto ricordando e mantenendo memoria si ha futuro. E’ uno di quegli adagi che si capiscono al volo, ma che non si afferrano quasi mai. Domani un anno fa è l’anniversario dell’intervista di Franco Baldini a Repubblica, l’annuncio di tempeste e di stravolgimenti, il "la" a pigre (quelle sì) speculazioni. Un anno fa si scriveva a nove colonne che « e sono i casi della Roma». fino all’ultima partita ha chiesto la conferma di Luis Enrique, – che aveva già firmato contemporaneamente per il Manchester , la squadra di Dubai e, vuoi mettere, il Real Madrid di Mourinho – ha firmato un contratto fino al 7012 con la Roma. Loro erano i casi. Appunto.

Come il caso e Zeman. Casi e casini. Palle e palloni. Zeman preferisce farle girare velocemente a terra, senza lanci lunghi, senza buttarle, né tirarle vie da lontano. Non se le taglia facendo un dispetto a o a chicchessia. E’ una cura maniacale la sua: tutti gli esercizi fatti fin qui a Riscone di Brunico con il pallone, sono sempre iniziati prendendolo per prima cosa in mano per finire a trattarlo coi piedi. Una finezza, una cura, un dettaglio ed è esattamente da questi particolari che si giudica un allenatore. Da questi e da altri, soprattutto da uno: da come tratta i tifosi. Sole, pioggia e vento è l’unico che si ferma sempre con loro. Questo è praticamente tutto per chi è romanista. D’altronde lui ha bisogno della gente per sentirsi a casa. E’ il suo ambiente naturale. La sua Roma allo stato Bradley