La penna degli Altri 07/07/2012 10:29
Mr. Bradley Poche chiacchiere molta sostanza «Io lavoro sodo»
Sempre presente È un po' come chiedere all'oste com'è il vino, ma Giovanni Sartori è l'oste che quel vino se l'è andato a scegliere. «Bradley lo seguivamo da quando giocava in Olanda, all'Heerenveen. Poi lo avevamo un po' perso di vista: lo scorso anno all'Aston Villa ha giocato tre partite. Un'operazione last minute: a Ferragosto abbiamo deciso di puntare su di lui, abbiamo chiuso il 30». Con un rimpianto, che non gli consente di annoverarla tra le migliori del club veronese: «Lo è solo parzialmente. Perché il giorno della chiusura ero al funerale di mia sorella, sono tornato e ho trovato un contratto per soli due anni. Qualcuno si è approfittato della mia assenza: un giocatore del genere, se non fosse stato in scadenza, ce lo saremmo fatto pagare molto di più. A centrocampo da noi ha fatto tutti e tre i ruoli, centro, destra e sinistra: è uno che non sbaglia mai una partita, con alti picchi di rendimento. Ma anche quando non è in giornata, la sufficienza la porta sempre a casa. Un ragazzo che parla poco e lavora molto: credo che in tutto l'anno non abbia saltato un allenamento».
Figlio d'arte Dove è nato, Princeton, New Jersey, c'è una delle università più importanti del mondo ci ha lavorato Einstein, tanto per dire ma lui a 18 anni, era già in Europa, dopo aver fatto il titolare nei Metrostars: due anni e mezzo all'Heerenveen, altrettanti al Borussia Moenchengladbach, una parentesi all'Aston Villa, una vita in Nazionale. Esordì prima dei Mondiali del 2006, li saltò perché non era ancora 19enne, giocò quelli del 2010. Primo c.t. a lanciarlo titolare, il padre Bob. Il suo rendimento in Nazionale è sempre stato al di sopra di ogni sospetto, anche il 29 febbraio, il giorno dell'esordio di Borini e della prima storica vittoria degli Stati Uniti sull'Italia, 1-0 a Genova. «Il rispetto te lo devi guadagnare sul campo disse tempo fa bisogna lavorare tanto, per superare lo scetticismo». Che lo toccherà da vicino: primo americano acquistato dai proprietari americani, alla vigilia della tournée negli Stati Uniti: alla prima partita sbagliata qualcuno parlerà di operazione di marketing.