La penna degli Altri 14/06/2012 11:03

Viva i romanisti campioni d’Italia, 70 anni dopo

Non c’era, in nessuna fotografia, ad esempio, Naim Krieziu, uno dei più grandi protagonisti dei primi tre quarti del torneo, non c’erano riserve importanti come Benedetti, Di Pasquale e Nobile. Dove diavolo erano in quello che è stato il momento più trionfale della propria vita di atleta? Ho intervistato 10 campioni d’Italia del 1942, ma come uno stupido non l’ho mai chiesto. Ho finito per domandarmelo a lungo, fino a che Massimo Germani un bel giorno non mi ha dato la risposta: «Erano tutti a per una partita del campionato riserve». E’ un particolare estremamente indicativo per capire che cosa fosse il calcio negli anni 40 e quale fosse il rapporto che legava un tesserato al proprio club di appartenenza.

La società chiede e il calciatore risponde “obbedisco”, anche se questo gli costa una gioia attesa tutta una vita, una gioia che non si ripresenterà mai più. La storia dei “campioni d’Italia” inviati a mi ha dato anche lo spunto per il pezzo celebrativo della giornata di oggi. Il tentativo di dare una panoramica su quello che è stato il destino dei campioni d’Italia del 1942 (la storia di quello scudetto del resto l’ho raccontata in un libro) nei decenni a venire. Naim Krieziu, dopo una luminosa carriera che lo ha visto nelle file della Roma e del ha a lungo esercitato la carriera di allenatore (secondo di Amadei nel ,responsabile delle giovanili della Roma e per un breve periodo della prima squadra e in seguito all’Almas, dove scoprì Giuseppe Giannini), per poi dedicarsi ad un’attività commerciale completamente estranea al mondo del calcio. Nelle biografie dei nostri campioni non mancano le sorprese clamorose, come quella che riguarda Cesare Benedetti, che dopo aver appeso le scarpe bullonate al chiodo si è dedicato alla pittura. Allievo di De Chirico è diventato un ritrattista di fama mondiale, realizzando lavori su commissione per i reali di Monaco e per il pontefice Giovanni Paolo II.

Tra quelli più a lungo legati alla Roma c’è sicuramente Guido Masetti, che tra la gli anni 40 e 60 è stato inserito a vario titolo nei quadri sociali, risultando eccezionale come talent scout (a lui si deve la scoperta di giovani come De Sisti, Guarnacci, Menichelli, Orlando e di tanti altri). Molto più defilato, ma non nei sentimenti che lo legavano alla Lupa, Sergio Andreoli. Il terzino terminata la carriera si trasferì a Viterbo dove divenne ragioniere e contabile presso l’ospedale locale. Se Viterbo vi sembra lontano allora aspettate di leggere di Luigi Di Pasquale, che si trasferì in Argentina dove mise in piedi un ranch di 3500 ettari.

Sempre in Argentina, a Buenos Aires, Villa Raffo, Saenz Pena, Calle Santa Rosalia 2251, tornò il grande Michelangelo Pantò, rintracciato da Dino Viola ai tempi dello scudetto del 1983. Il tempo naturalmente non ha regalato solo sorrisi. Molto triste la storia di Aldo Donati, che inutilmente ha cercato di ricollocarsi nella vita civile. Rappresentante di stoffe, assicuratore, allenatore di squadre minore e tanto altro … un campione del mondo che non volendo chiedere nulla ha finito, volontariamente per isolarsi, tagliando i contatti con un mondo al quale aveva dato tutto. Se la vicenda umana di Donati è poco fortunata, quella di Renato Cappelliniè addirittura tragica. Dilapidati i guadagni di una carriera lunga e gloriosa, il “barone” venne inghiottito dal suo gusto dell’eccesso e da cattive amicizie. A soli 53 anni se ne va invece Edmondo Mornese, rientrato nel mondo del calcio come allenatore del “suo” Novara. Non in pochi, sono quelli che hanno scelto invece di non lasciare mai più la capitale, come Borsetti, Brunella e Risorti. Il primo acquistò casa al quartiere Testaccio divenendo uno dei cardini della memoria storica del rione. Brunella, disgustato dalle tante chiacchiere del mondo del calcio, chiuse la sua storia con il football per divenire un affermato rappresentante di calzature. Abitava invece a quattro passi dalla fermata metro di Furio Camillo Fosco Risorti, attento cultore (ma disincantato) delle memorie della sua carriera. Ritornò viceversa a vivere a Lodi Mario Acerbi e anche “Picaia” Bonomi fece rotta verso il“lontano nord”, dove ricoprì anche il ruolo di allenatore dell’Atalanta.

Tra i romani, Luigi Nobile, laureatosi in medicina ha esercitato fino a tardissima età la professione, lasciando poi al figlio l’eredità di farsi onore nel campo medico, mentre Jacobini ha affiancato l’attività commerciale a quella dello sport giovanile con un entusiasmo indomabile. Il terzo di quella squadra, Ippolito Ippoliti, dopo un’onesta carriera nel sottobosco agonistico romano divenne dipendente comunale. Di Amedeo Amadei, sanno tutto anche le pietre, il suo trasferimento all’Inter, la parentesi nel da calciatore e allenatore, il ritorno alla direzione del grande e storico forno di famiglia, trasformato in un impero. In pochi ricordano come la sua passione per il calcio lo abbia guidato anche ad essere allenatore della Nazionale femminile. Alla ricerca del tempo perduto anche De Grassi, tornato a vivere a Monfalcone e Aristide Coscia che dopo avergirovagato per mezzo mondo (Turchia compresa) mise nuovamente radici ad Alessandria dedicandosi a collaborare con la Nazionale durante la gestione di . Non possiamo infine non ricordare Angelino Cerretti e Vincenzo Biancone al lavoro per la Roma praticamente sino alla loro scomparsa, il tecnico Schaffer venuto a mancare a Prien nell’agosto del 1945 (ma non in un bombardamento come si è a lungo scritto) e il leggendario presidente Bazzini che dopo il suo addio tornò a giocare un ruolo di rilievo nella finanza italiana, per poi morire a Milano nel marzo del 1969.