La penna degli Altri 24/04/2012 23:39

Milan, Inter, Roma & C: si cambia coach. Ma quanto conta?



Il tumulto più forte in questo momento riguarda il Milan di Massimiliano Allegri. Con chi si può sostituire il coach che ormai non piace più a Berlusconi? C’è chi dice Capello, e chi dice addirittura Guardiola. Come dire il Diavolo (che ci sta pure bene…) e l’Acquasanta. E magari pure insieme, magari uno in campo e l’altro dietro una scrivania. Perché no? In questo momento ogni idea è buona, ogni progetto possibile e realizzabile. C’è uno scudetto non ancora assegnato – tre punti in 5 giornate danno ancora un certo margine di speranza… – e già si comincia a scavare la terra sotto ai piedi dell’allenatore. Che in fin dei conti un anno fa ha vinto uno scudetto appena un anno fa, e che adesso sta già franando miseramente, davanti agli occhi della sua stessa squadra.

Gli infortuni a raffica del Milan hanno fortemente condizionato il cammino del Milan, ma alla fine contano solo gli errori dell’allenatore…

L’innamoramento di Moratti per Stramaccioni è durato appena lo spazio di una settimana o due, giusto il tempo di allontanarsi da Ranieri o Guidolin, ma lo si sapeva: in verità il presidente lo aveva detto subito. “Se vince tutte le partite…”. E così si parla di Bielsa o Spalletti o addirittura di Prandelli, ct alle prese con un campionato europeo da giocare. La fame di allenatori travolge tutto. Le due milanesi, a quanto pare, cercano allenatori stranieri o quantomeno italiani che all’estero si siano fatti una fama.

La Roma ha mille dubbi su Luis Enrique, allenatore bravo (forse) e presuntuoso (certamente) e teme che affidarsi a lui un’altra stagione sia come il bacio della vedova. I tifosi discutono e qualcuno rivorrebbe addirittura Zeman, allenatore con cui si prendono gli stessi gol, ma almeno ci si diverte di più.  Non è detto che Mazzarri resti al ed è molto probabile che Reja lasci la Lazio. Dicono tutti che il risultato non conta, ma alla fine sarà proprio il risultato a decidere. Un allenatore conta molto in una squadra, ma non è tutto. Sono pochissimi quelli che possono essere addirittura determinanti. Posso pensare a Mourinho che ha un’interpretazione assolutamente personalistica e totalitaria del ruolo, o Guardiola ma calato nella realtà tutta particolare del , o più in piccolo quest’anno alla . Ma in questi anni abbiamo trasformato gli allenatori in taumaturghi, pensiamo che possano trasformare squadre di mediocri in fenomeni, che con l’imposizione delle mani possano costruire squadre che vincano coppe, scudetti e facciano la storia, trasformare centravanti da dieci gol in fenomeni da venti. Loro stessi, gli allenatori, hanno cavalcato la tigre, approfittandone per strappare onori e contratti pari ai grandi calciatori.

Ma la differenza alla fine la fanno sempre e solo loro, i calciatori: l’allenatore è solo un amministratore, più o meno bravo, più o meno influente del loro talento. Quando umilmente torneranno tutti a rendersene conto, il calcio italiano avrà fatto un passo avanti.