La penna degli Altri 25/04/2012 09:44

Luis: "Tutta colpa mia"


Luis vattene: la scritta è in nero, come l’umore della piazza inferocita. Ben visibile, sul muro del , proprio davanti al cancello del Bernardini. La resa di Torino ha determinato lo strappo definitivo. Non c’è zona che tenga.
«Siamo ancora in corsa per il terzo posto o comunque per l’Europa League, a cinque giornate dalla fine. Questa è la realtà» dice all’inizio prendendosi una trentina di secondi per rispondere alla prima domanda. Sale sul palcoscenico, sgarbato e permaloso, per attaccare. Sbuffa e stona. «Abbiamo fatto solo cinquanta punti per colpa mia. Quando le cose sono andate bene, il merito è stato esclusivamente dei calciatori. Io sono invece il responsabile di quello che non va. Ma tranquilli, non resterò altri cinque anni. Scherzavo, quando dissi che sarei rimasto per tanto tempo».

Baldini, in pubblico, lo ha messo sul piedistallo per incensarlo. Per ringraziarlo del raccolto stagionale. Luis Enrique gonfia il petto e adesso dice di non voler scappare. «Lo farò solo quando la società non crederà più in me». Il colpo di teatrino, ben concordato, è dunque riuscito. Così prepara le possibili vie di fuga: «O quando vedrò che i giocatori non mi seguiranno. O quando la maggioranza dei tifosi non mi sopporterà più». La pagina della Roma è piena di insulti da domenica sera: quasi tutti per lui. Lucho lo sa, ma incassa e rilancia. Contro i media, strategia antica che funziona sempre, usata pure da Baldini. «Non saranno le critiche dei giornalisti a farmi andare via».

Il top del suo discorso double face è questo: passa da «La cosa più importante per me non è battere le squadre ma essere orgoglioso di quello che facciamo e rendere orgogliosi i tifosi» a «gli allenatori si giudicano per i risultati: siamo ancora in corsa per la , anche se a cinque punti non è vicina. Questa è la mia Roma, vediamo come va a finire». Ovviamente non si sente inadeguato per il nostro calcio: «Credo che la mia idea sia adatta, lo hanno detto i nostri avversari. Ci sono differenze tra il calcio italiano e quello spagnolo, ma sono compatibili». Non si stupisce per le figuracce in trasferta: «Succede dopo otto mesi e dopo otto anni». E l’impronta data alla Roma non sta evaporando: «Io vedo l’identità della mia squadra quando vince ed anche quando perde».

ha la febbre. Ma Luis ha già detto la sua sul capitano: «E’ il calciatore più importante, ma ha trentacinque anni e non giocherà fino a cinquanta. Magari fosse così, ma la squadra non deve pensare che senza è tutto finito. Il futuro è senza lui in campo. Forse con lui in panchina, presidente o accanto alla squadra. Che deve iniziare ad abituarsi. A Torino ho fatto una scelta tecnica». Con Perrotta, 34 anni, al suo posto per marcare Pirlo. Rinnegando il . Senza, però, riconoscerlo: «senza cambiare sistema di gioco». «Cosa succede se sbaglio io? Lo dico tra cinque settimane». Fa il misterioso, prima di alzarsi per andare a preparare la quintultima gara. Oggi all’Olimpico lo aspettano la e trentacinquemila romanisti (15 mila biglietti venduti).