La penna degli Altri 10/04/2012 09:23

L'interrogativo Luis

Non è una questione di difesa ad oltranza per non rinnegare il progetto. Luis Enrique rimane un «grande allenatore» per la società giallorossa. Per come lavora in settimana, per come trasmette le sue idee ai calciatori e per come in assoluto prepara le partite. I dirigenti, non solo a parole, sono al suo fianco. Oggi come all’inizio dell’avventura. Niente è cambiato, nonostante la mancanza di regolarità della Roma che spesso cade in modo vergognoso. Soprattutto sul più bello, cioè dopo un successo o quando il turno sembra favorevole per la risalita. Come è (ancora) accaduto sabato pomeriggio. A fine torneo, però, bisognerà comunque tirare le somme: la stagione può diventare fallimentare, con la zona di nuovo lontana e l’Europa League a rischio. Perché sono dodici le sconfitte in trentuno gare di campionato; perché nel 2012, in otto trasferte sono sei i ko; perché nel nuovo anno ha incassato tre volte quattro gol nei viaggi in provincia contro il Cagliari, l’Atalanta e il Lecce e perché 39 su 41 reti sono state subite all’interno dell’area di rigore. Nel percorso spuntano trappole simili. Senza che i calciatori sappiano scansarle. Senza che l’asturiano riesca a trovare il modo per aiutare la squadra a evitarle.
 
Il punto è proprio quest’ultimo. Prendiamo la sconfitta di tre giorni fa. Luis Enrique aveva spiegato al gruppo come comportarsi contro il Lecce. Almeno tre giorni della scorsa settimana li aveva dedicati alle caratteristiche degli avversari e al loro sistema di gioco. Chiamiamole contromosse anche se per l’asturiano sono solo movimenti che devono permettere alla Roma di fare la partita e di andare in porta con facilità. Invece è stata la squadra di Cosmi a colpire senza trovare ostacoli. Con giocate scolastiche. In mezzo alla difesa, per le prime due reti, o partendo dal lato, nelle azioni dei due gol della ripresa. Come se davanti ci fosse una formazione tatticamente sprovveduta e nello specifico disorganizzata.
 
Due o tre lanci di fila, dalla difesa verso l’attacco, hanno annientato Luis Enrique in panchina. Eccolo che si è messo seduto, senza più rialzarsi. Muto come mai gli era capitato. Aveva chiesto pressing. Alto e in ogni caso insistente. Dalle punte e dai centrocampisti. E possesso palla per cercare la profondità. Invece la Roma è sempre stata sotto ritmo. Lunga e statica nei tre reparti. Morbida nei contrasti e lenta nel fraseggio.
Ne ha parlato, in questi due giorni, con Baldini e che volevano capire. Ha chiarito la novità di non comunicare con i giocatori durante la partita. L’ha motivata come soluzione diversa, visto che urlare e sbracciarsi, in passato, non aveva sortito alcun effetto. Tanti gli aspetti finiti sotto la lente di ingrandimento di allenatore e dirigenti. La mancanza totale di orgoglio, la poca reazione con lo svantaggio che aumentava. La testa che non faceva girare le gambe, quasi che l’aspetto psicologico abbia pesato più di quello fisico. Restano legati, ma troppi sono stati gli errori dei singoli. Non è un caso che Heinze abbia deciso, al rientro negli spogliatoi, di scusarsi con i compagni e di presentarsi davanti alle telecamere di Roma Channel per prendersi il cento per cento della colpa per la quattordicesima sconfitta.
 
«Dobbiamo insistere con il lavoro, dobbiamo credere in quello che facciamo» ha urlato ieri l’asturiano alla squadra. Ricordando che se in alcune partite le cose hanno funzionato bisogna ripartire da quelle. «Il nostro limite è di non dare continuità alle prove positivo». Ma ha anche fatto riferimento alla personalità. Comincia a pensare che qualcuno non ne abbia. E allora torna d’attualità l’ammissione del Baldini: «Abbiamo sopravvalutato caratterialmente alcuni calciatori». Che andranno cambiati nel prossimo mercato. Dei dodici acquisti della nuova proprietà, nove erano titolari contro il Lecce. a casa, in panchina e Nego con la primavera. Gli altri altri sono stati utilizzati tutti. è il più arrabbiato con la squadra. Ascoltando Luis Enrique, il ds sa che il suo lavoro potrebbe ripartire da zero. O quasi. Con un’altra rivoluzione tecnica.