La penna degli Altri 16/04/2012 10:58

Caprari, lacrime e silenzio

Che fosse una cosa seria, però, l’ha capito subito, appena ha visto medico e massaggiatore che dal campo facevano cenno di far entrare l’ambulanza. Il resto lo dicevano le facce di compagni e avversari, tutti con le mani nei capelli. Il resto del pomeriggio è andato avanti come un incubo che ritorna, la corsa in ospedale e i medici che dicono che non c’è niente da fare. Parole che a si erano sentiti dire appena tre settimane fa, quando un infarto si è portato Franco Mancini nel pomeriggio di un qualsiasi venerdì di vigilia. Avevano appuntamento al campo per la rifinitura, quando sono arrivati hanno trovato la notizia che mai si sarebbero aspettati. La cosa peggiore, però, è stato dover scendere in campo il giorno dopo contro il Bari: la Lega si è giustificata dicendo che non c’era tempo di disporre il rinvio, ma quelli con la maglia bianca e azzurra non potevano essere i giocatori del .

Ora si stavano lentamente riprendendo dalla batosta, sembrava che il dolore si fosse alleviato un po’ e invece è arrivato un altro colpo. «Sembra una maledizione» sussurrava qualcuno fuori dal Pronto Soccorso. «Non si può morire così a venticinque anni» ha scritto Caprari su qualche ora dopo la morte di Morosini. Il giorno dopo è solo silenzio, anche perché il si ritrova a piangere un’altra morte e allora diventa difficile trovare la voglia di cercare le parole. L’impressione è che rialzarsi sarà durissima. E dire che solo una settimana fa per Caprari sembrava fosse filtrato un raggio di sole con il gol al Varese che gli aveva restituito il sorriso dopo quasi un mese e mezzo passato a guardar giocare i compagni per un brutto infortunio alla spalla, peraltro ricaduta di un vecchio guaio dei tempi della Roma. Sembrava che la notte fosse vicina alla fine, contro il Livorno Zeman l’aveva confermato dal primo minuto e lui aveva provato qualche spunto in una partita che s’era complicata troppo presto. Diciotto anni sono pochi per farsi una ragione. Caprari ripartirà dal campo, stavolta per prendere a calci anche il dolore.