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La penna degli Altri 02/03/2012 09:17

Stek: «Ora la rivincita»



Espugnato Wembley con il 3-2 allo scadere di Robben, Stekelenburg parla di casa sua. Della Roma, quindi. «Sto molto bene a Roma e alla Roma, e spero di rimanerci ancora per tanti anni. È una società fantastica». Franco alias Maarten sogna di poter cancellare il ko del derby di ottobre: «Vogliamo la rivincita, ma se paragoniamo la partita dell’andata con quella che dovremo giocare siamo molto avanti con la stagione, abbiamo 26 partite alle spalle e soprattutto è migliorato il nostro modo di giocare. C’è voluto un po’ di tempo per assimilare il nuovo sistema con il nuovo allenatore. Ora però l’intesa tra di noi è nettamente migliorata rispetto ad ottobre. Eravamo tanti giocatori nuovi e quindi abbiamo avuto bisogno di un po’ di tempo in più per amalgamarci al meglio».



Tornare sull’episodio di Bergamo, sull’esclusione di , non ha più senso. Stekelenburg preferisce guardare oltre. Al futuro. Alla Lazio e pure oltre.
«È una decisione dell’allenatore per cui non ho niente da dire in merito. Anche se subito dopo la partita sono dovuto partire per venire qui a Londra, credo che sia tutto a posto». Lo è sicuramente, è stato lo stesso a evitare ogni polemica professando una volta ancora, e nel momento in cui gli equilibri erano più fragili,  un’assoluta fedeltà al suo allenatore. A Maarten/Franco va bene così. L’ex portierone dell’Ajax, dicono a Trigoria, sta vivendo nella Roma una seconda giovinezza. Non parla ancora italiano, ma lo capisce. O quantomeno non ha più problemi di comprensione con i compagni di difesa. Là dietro, il punto fermo è proprio lui. Pagato 6,3 milioni di euro, l’olandese aveva dimostrato quasi subito di valere ogni centesimo. Lo scontro con Lucio il 17 settembre a San Siro aveva fatto temere il peggio. Fibra forte e carattere di ferro, Stekelenburg si è ripreso la porta proprio in occasione del derby d’andata. Un ritorno sfortunato. Adesso, Maarten ha voglia di prendersi la rivincita. Per la Roma. E per se stesso. All’anagrafe è Maarten. Ma voi chiamatelo Franco