La penna degli Altri 14/03/2012 09:19
Nessun cambiamento: Luis Enrique è sempre Luis
Fatto sta che di quelle tutte la prima labbiamo vinta, sicché, lillusione di un grande rush finale resta intatta. Oltretutto, labbiamo vinta in modo per noi inconsueto, vale a dire senza lesubero di qualità che ha quasi sempre caratterizzato i nostri successi targati Luis Enrique. Un gol dopo tre minuti, dopodiché un primo tempo gagliardo, una prima metà del secondo con qualche traccia di fatica e un epilogo allinsegna della sofferenza con tutta la squadra schiacciata allindietro, oltre la linea della palla. Tantè che Lobont, meritevole di un bellapplauso e il cui più rilevante difetto è una certa fallacità nelle prese, non si è mai travato con luomo solo davanti (forse è la prima volta che accade in questo campionato), e i suoi interventi, altra cosa rarissima per noi, sono stati di quelli che di solito si richiedono ai portieri; ovvero, balzi tra i pali per opporsi a tiri dalla distanza. Come cera da aspettarsi, in questa capacità di stringere i denti a dispetto dei molti aggravi che tra infortuni e squalifiche ci hanno costretto allopportunità coatta di mettere sotto esame i peggiori della classe, buona parte della stampa ha stigmatizzato una fantomatica abiura del tecnico asturiano, che, si legge, avrebbe infine smussato lintegralismo che lo distingue. Non credo. Io ho visto la solita Roma: con prolungate fosforescenze di bel gioco, sempre a rischio di essere un po eunuca, ma in buona sostanza nientaffatto lontana da quella con cui stiamo entrando in contraddittoria confidenza dai tempi di Riscone. A dirlo, una volta di più, i dati relativi al possesso palla, che pur quando siamo messi sotto pressione si conferma sempre roba nostra (e non lo sottolineo con vanto, dal momento che proprio in questo riscontro statistico si annida la ragione di tanti rovesci difensivi).
Forse, il nodo della querelle che si è accesa attorno alla figura dellallenatore giallorosso è nella convinzione che il verbo calcistico di Luis Enrique si nutra di un eccessivo personalismo sin quasi narcisistico, quando piuttosto a me sembra che questa interpretazione delle cose sia in gran parte frutto di una letteratura giornalistica ormai ossidata e prigioniera di se stessa (eventuali faziosità da strategia editoriale non voglio neanche considerarle).
Indubbiamente, i risultati di questanno espongono a critiche tutto limpianto progettuale portato dalla nuova dirigenza e che si incarna in questo spagnolo cocciuto e inflessibile, ma tuttaltro che protervo. Luis Enrique è né più né meno se stesso, vale a dire ciò che gli si chiede, ciò per cui è stato scelto. Quando lo ascolto parlare, mi faccio sempre più convinto che luomo sia di spessore e assai meno astratto di quanto una certa semantica che gli è connessa farebbe supporre. Mi riferisco ad esempio alla parola utopia, circa la quale io per primo ho indugiato a lungo e che mi sono prefisso di non evocare più. Come sono altresì convinto che, al di là della fanfarona pretesa di inanellare undici vittorie in sequenza, questo ampio finale di stagione verrà affrontato con un pragmatismo capace di sorprendere parecchi. Certo, di qui a maggio il nostro campionato potrebbe trasformarsi in un melanconico limbo, ma una buona porzione di questo rischio è già stata abolita dalla vittoria di Palermo. Non ho fiducia nel terzo posto, ma in un decisivo riscatto sì. Il che significa che confido nella consacrazione di alcuni e nella riabilitazione di altri.
Nella schiera dei primi va da sé che spicca su tutti il nome di Fabio Borini. Il ragazzo dalla capigliatura antica, senza creste né tinte, ma con un grande ciuffo e basta. Il suo modo di esultare dovrebbe fare da motto allintera squadra: quella mano stretta di taglio fra i denti con aria volitiva e piratesca quanto mi piace! Come mi piace lui anche laddove potrebbe non piacermi; nella sua non perfezione tecnica, ad esempio, che gli consente di non essere mai distratto da se stesso e di trasformare in consistenza pura ogni intervento, ogni gesto, ogni azione che lo coinvolge. E pensare che leggendo del suo arrivo ho preso la cosa alla leggera, come unaggiunta di corredo neanche troppo necessaria! E non che i giorna li abbiano dato alla notizia un rilievo di molto superiore a quella che si usa per ultime rifiniture di mercato. Quando, tantissimi anni orsono, lessi che la Roma aveva acquistato un certo Bruno Conti, ricordo che il tono dellinformazione era lo stesso, come similmente parco fu il mio entusiasmo, e invece