La penna degli Altri 04/02/2012 11:15

Lupi nella tormenta

 "Caro Direttore,   ammette che la squadra non si è impegnata abbastanza a Cagliari. A me non pare che mancasse l’impegno. Gli è che i titolari validi sono contati e se ne mancano uno o due, la squadra barcolla, a partire dalla difesa. Dove Juan, se non è protetto da atletici cursori, si fa bucare sempre, Kijaer è un troncone senza agilità, come Rosi del resto (José Angel? Desaparecido, purtroppo). Per cui, di fronte ad attaccanti e ad esterni rapidi o addirittura veloci, sono subito in affanno. Perché? Perché il modulo Luis Enrique di salire tutti facendo possesso palla è ormai noto anche ai sassi: basta mettere in campo (come fece Guidolin) degli esterni molto rapidi infoltendo il baricentro del campo e la Roma non passa da nessuna parte. poi, mancando Osvaldo, non ha riferimenti, né viene fatto giocare lui di punta e così la Roma punge poco, a parte e .

Bojan e Lamela sono troppo giovani e immaturi, non puoi farci assegnamento. Mentre vedevo Cagliari-Roma e scorgevo l’allenatore del Cagliari Ballardini che dava precisi consigli, azzeccando parecchie contromosse, mi è tornato in mente un suo racconto. Press’a poco così. «Giocavo nel Cesena e l’allenatore era Arrigo Sacchi che insisteva in modo ossessivo sugli schemi, tutti i giorni, al punto che io uscivo dagli allenamenti col mal di testa...». Lo stesso, temo, deve succedere ai giocatori della Roma: schemi e ancora schemi, ma se l’avversario ti ha sgamato e ti contra, bisognerà pure cambiare anche gli schemi. O si deve per forza perdere beccando gol su gol?  Il calcio è pragmatismo, non ideologia. Meno male che l’Inter non sta molto meglio della Roma... Saluti pazienti."

Vittorio Emiliani

 

Risposta del direttore del Romanista Carmine Fotia

 

Caro Vittorio, ovviamente chi, come te, aveva fin dall’inizio perplessità sulle idee di Luis Enrique e sulla sua Roma, adesso può facilmente ironizzare, criticare, dire: "Io l’avevo detto che così non si va da nessuna parte". Intendiamoci, alcune delle critiche che muovi sono giuste e anche noi le abbiamo avanzate. Per esempio che alcuni giocatori non siano all’altezza delle ambizioni della Roma. Occorre tuttavia intendersi su quali siano tali ambizioni. Non credo quelle di mettere su una squadra purchessia, capace magari di maggior concretezza, meno "filosofica" e più pragmatica, come tu stesso suggerisci. Magari un po’ simile all’Inter di Ranieri che avremmo dovuto incontrare proprio oggi. A parte il fatto che, tenendo conto che la Roma ha una partita in meno dei nerazzurri, non è che stiano tanto più avanti di noi, pur avendo coltivato fino a poche settimane fa addirittura il sogno della rincorsa scudetto, non sono affatto d’accordo, sostengo questa Roma visionaria e rivoluzionaria con tanta maggiore convinzione quanto maggiori sono le difficoltà che si incontrano.

A salire sul carro dei vincitori sono tutti abilissimi (e lo si è visto quando la Roma girava a meraviglia, ma, per onestà devo dire che tu, caro Vittorio, non sei tra costoro, avendo sempre ribadito le tue critiche) più difficile trovare chi sia disposto a scendere per spingere quando il carro incontra le salite più ripide.  Noi stiamo qua a spingere, anzi ci stavamo pure prima, quando i voltagabbana inneggiavano al tecnico che avevano appena spernacchiato perché sapevamo che sarebbero tornati i tempi difficili. A scanso di equivoci, io ho la massima stima e tanto affetto per Claudio Ranieri, uno dei migliori allenatori che la Roma abbia mai avuto, un grande tecnico e un galantuomo. Ritengo, tuttavia, che la Roma abbia fatto bene a scegliere la strada opposta, rappresentata da Luis Enrique, per quanto sappia che una simile scelta comporta tanta pazienza e la cristiana accettazione degli sfottò di mezzo mondo. Una nuova idea di gioco, più spettacolare e moderna, in perfetta coerenza con lo spirito innovativo dei grandi allenatori-filosofi della Roma da Liedholm a Spalletti, passando per Zeman. Ma non c’è solo er core acceso, ci vuole pure la testa e questa mi dice che la Roma che abbiamo visto schiantare il all’andata, il e il Cesena non è un sogno ma una realtà che ha bisogno di fiducia per affermarsi stabilmente. Il tempo necessario affinché i meccanismi di gioco diventino automatici e quindi sia anche più facile trovare le contromisure alla gabbia che gli avversari ti stringono attorno e affinché possano stabilmente maturare campioni purissimi come Erik Lamela che diventerà uno dei più forti al mondo.

Quindi ora non c’è nulla da fare? Tutt’altro, c’è un mondo da fare.  Intanto smetterla di rimirarsi in una sorta di folle narcisismo allorché si fa una buona prestazione e tornare a impegnarsi tutti, a cominciare dai più giovani, come se ogni partita potesse aprire le porte del paradiso o scaraventarti all’inferno. Grinta, determinazione, ferocia, senza le quali la classe non serve a niente. E questo è compito della squadra come il ha immediatamente compreso. Poi, aggiustare gli equilibri che certamente miglioreranno tantissimo con il ritorno di e Osvaldo, scegliendo d’ora in poi quelli più affidabili, soprattutto in difesa e a centrocampo. Come ha già scritto Romita all’indomani della brutta batosta di Cagliari, una difesa con Heinz e Taddei invece che Kjaer e Angel è certamente più solida. Di un simile assetto, , ormai prossimo al rientro, è insieme il collante, il motore, l’ultimo argine. E scusate se è poco. E qui abbiamo parlato di ciò che spetta a Luis Enrique.

Infine, la società, il cui primo compito è chiudere bene e il prima possibile il rinnovo di la cui indispensabilità risalta ogni giorno di più e far sentire, come è stato fatto anche nelle ultime ore, al Mister la propria totale e incrollabile fiducia. Ma la società ha anche capito che non tutti i calciatori che sono arrivati o quelli che sono stati recuperati sono stati all’altezza delle speranze (del resto se fai undici acquisti ci sta che su qualcuno ci si possa ripensare). Quindi a giugno si torna sul mercato per tre-quattro elementi di valore assoluto, che possano fa compiere un salto di qualità. La sfida con l’Inter è rinviata a domani, ma non cambia la sostanza di quel che servirà: una squadra di lupi affamati e feroci, fiere pronte a giocare nella tormenta, con la testa e con il cuore.