La penna degli Altri 12/02/2012 10:26

Con la Roma anche sotto le bombe



Niente da fare, tutti in carrozza, sperando di arrivare e tutti (è questa la famosa trasferta fatta da Dino e Flora Viola in bicicletta partendo da Pontedera) pronti a godersi lo 0-2 finale con reti di Pantò e Amadei. Ispirandosi alle trasferte dei tifosi della Roma nella stagione 1941/42 è stato anche realizzato un film (Al centro dell’area di rigore), ma a pensarci bene, le vere trasferte di massa giallo-rosse, iniziarono, paradossalmente, non nel momento del trionfo, ma bensì in quello della massima difficoltà, vale a dire la stagione infernale della caduta in serie B e della lenta scalata per riconquistare la massima serie. Commentando la trasferta a Piombino, Renzo Annoni, scriveva sul Calcio Illustrato: «i tifosi romanisti in cinque o sei mila erano venuti a Piombino, fiduciosi, sereni, certi della vittoria della Lupa». Del resto, il 4 ottobre erano stati in 10.000 ad assistere al match amichevole con la Rotulea e il 2 novembre in 8.000 avevano presenziato ad un’altra sgambata contro la Romana Elettricità. La massa di appassionati romanisti non veniva però ricevuta, nei campi di provincia della serie A, con la banda musicale e i mazzi di fiori. A Salerno, Piombino, Lucca, vi furono scazzottate degne di un film con Bud Spencer e Terence Hill. Fu così, che prima della gara decisiva di Verona, del 22 giugno 1952, Renato Sacerdoti fu costretto a diramare un appello pubblico per scoraggiare i tifosi a seguire la squadra. Nonostante questo, a migliaia raggiunsero Verona. Le forze dell’ordine, in assetto antisommossa, scortarono oltre 5000 romanisti per le strade del centro cittadino. La gioia potette compiutamente esplodere solo al ritorno a Roma, dove la stazione Termini venne letteralmente invasa da un fiume di sostenitori giallo-rossi. Anche se nel pezzo di ieri abbiamo anticipato come alcuni temerari giallo-rossi si recassero in trasferta in aereo sin dal novembre 1932 (ma Italo Foschi, futuro fondatore dell’AS Roma, in compagnia di Nicolò Maraini, seguì un match dell’Alba a , valido per l’accesso alla finale scudetto contro la , raggiungendola in idrovolante addirittura nel 1926), ma il mezzo principe con cui si affrontavano le trasferte era rigorosamente il treno. L’aereo rimase a lungo un mezzo esotico di cui diffidare, anche per i giocatori. Quando nel luglio 1947, la squadra dovette affrontare la prima trasvolata per raggiungere Torino, al seguito dei calciatori c’era anche Guido Masetti. Il direttore Sportivo Biancone vedendolo preoccupato gli disse: «Si viaggia tutti insieme e se l’aereo cade, si muore insieme». Il capitano del primo scudetto rispose piuttosto allarmato: «Se lei vuole morire, cavaliere, affari suoi. Io ho voglia di vivere e questa storia dell’aereo non mi piace». “Questa storia dell’aereo”, per farla entrare nella quotidianità dei tifosi occorrerà attendere l’inverno del 1971. Nilo Josa, allora presidente del Roma Club Ostia Lido, contattò l’Alitalia e riuscì ad ottenere delle condizioni favorevoli per le comitive di tifosi da lui rappresentate. Nacque così il Personal Jet e un nuovo modo di seguire la Roma in giro per l’Italia e per il mondo. L’epopea degli anni 70 e 80, è però soprattutto quella dei viaggi organizzati in pullman. Con i tifosi che all’occorrenza sgombrano a mani nude l’autostrada per liberarla dai tronchi caduti da un tir, o che ad Avellino, nell’anno del secondo scudetto, raggiungono il Partenio completamente coperto dalla neve e se la vedono veramente brutta. Alla fine della gara, ci sarà una vera e propria caccia al romano, con il pullman del Personal Jet che raccoglierà i tifosi romanisti rimasti in balia di facinorosi teppisti, coperti dall’immenso “Aurelio” che gridava loro: “Che volemo fa?”. Trasferte in campi ostili o amichevoli oltre ogni misura, come a Ballymena, dove i tifosi locali sottolineavano ogni coro dei romani in trasferta con un caloroso applauso …. il futuro adesso, sembra tutto da riscrivere.