La penna degli Altri 03/01/2012 08:54

De Rossi, nessun ultimatum

per questo fine settimana. In questa storia i condizionali sono un obbligo, ma proprio perché ci sono anche delle certezze da non perdere mai di vista: che entro gennaio la questione si risolverà, ma in maniera fisiologica, non coatta. La Roma non ha dato alcun ultimatum a  e a Berti, sarebbe come quasi dirsi addio in una trattativa fatta anche di tatto, parole da precisare, sentimenti delicati e stati d’animo da mettere a fuoco. «Non ne parliamo e non mettiamo fretta», lo si dice (lo dicono un po’ tutti) da almeno giugno quando pure era già tardi per affrontare questa situazione. La clausola di cui s’è tanto scritto ieri è al momento ancora un’ipotesi, una possibilità, si potrebbe considerare come uno dei bonus. E se dovesse chiederla non sarebbe per avere uno scivolo fra un anno.



Nessun ultimatum anche perché – per esempio – le parole dell’amministratore delegato Claudio nel forum fatto qui a
Il Romanista sono in chiaro e chiare: «Ci rivedremo, perché le cose più importanti si fanno di persona, non al telefono, piano piano stiamo cercando di smussare tutti gli angoli che ci separano dalla conclusione della trattativa. Non c’è un prendere o lasciare. Ci si sta avvicinando a una soluzione. Stiamo facendo il massimo sforzo possibile, considerate le risorse a disposizione. Potremmo diventare meno ottimisti il giorno in cui, facendo il massimo sforzo, Daniele ci facesse sapere tramite il suo agente che non accetta la nostra offerta». Ancora non siamo a questo punto, anzi fino a prova contraria si sta lavorando perché tutti mettano lo stesso felice punto su questa storia. Sì perché un giocatore normale avrebbe già sciolto i dubbi, anzi non li avrebbe avuti: con offerte da 9 milioni () e squadroni gloriosi (Real Madrid), fantallenatori che sbavano per lui (Mou su tutti) se ne sarebbe già andato. Da tempo. Di corsa. A occhi chiusi. Stappando lo champagne. Perché da un po’ di tempo si sta sottolineando un po’ troppo che  sta trattando solo per soldi. Certo che è così, ma non è solo così. Non lo è perché De Rossi non è un ruffiano, perché a piace

un po’ sfidare il mondo, perché - soprattutto - De Rossi è un essere pensante e giustamente deve pensare a tutto: quando si parla di carriera e quindi di lavoro si parla anche necessariamente di vita. Non è poco. E finora la Roma fa parte di quella di Daniele.