La penna degli Altri 06/12/2011 09:44

Processo a Luis Enrique

E non è un buon segno. Aggravante: Luis Enrique si è già autoescluso dalle coppe europee, con mosse incomprensibili nel playoff contro lo Slovan Bratislava, mentre sia Ranieri che Spalletti erano andati avanti negli anni di cui sopra (in , oltretutto). Abbiamo allora trovato dieci accuse che possono essere rivolte all’allenatore, con le dieci risposte difensive che l’allenatore stesso darebbe ai critici. L’analisi include il gioco inconcludente e i misteri della formazione, un modulo sempre uguale a se stesso a prescindere dai calciatori, i casi di e Borriello, di Pizarro e Cicinho. Ovviamente non è Luis Enrique l’unico colpevole dei problemi della Roma. Ma in questo momento è il bersaglio più facile (e correggibile) da individuare. 

LO STILE DI GIOCO

ACCUSA - L’ostinazione scolastica nel possesso palla è diventata quasi un’ossessione per i giocatori. Che sembrano più preoccupati di imparare la lezione che di dare lezioni agli avversari. Emblematica un’azione di Perrotta nel secondo tempo di Firenze: nel momento in cui avrebbe dovuto calciare in porta ha cercato un improbabile assist a cucchiaio per Lamela. La manovra è lenta, prevedibile e quasi mai redditizia. Boruc, della , si è riposato come già si erano riposati tanti suoi colleghi in precedenza. In più, la Roma spende tante energie e perde equilibrio, concedendo facili ripartenze. E’ così che perde le partite.

DIFESA - La Roma è la squadra di serie A che tira di più (16,3 volte a partita di media) ed è quella che tiene più palla nella metà campo avversaria. Come potete accusarmi di non cercare gol e risultati? Questo pensa Luis Enrique, pur essendo consapevole delle difficoltà di applicazione del suo sistema di gioco. «Non credo sia l’unico possibile - dice - ma è lo stile di gioco che preferisco». Vorrebbe più rabbia sotto porta, la famosa «contundencia» di cui parla spesso. Vorrebbe più attenzione nel possesso palla, per evitare il contropiede di chi aspetta l’errore della Roma. Ma è convinto che la strada sia giusta.

IL MODULO

ACCUSA - Di immutabile, per Luis Enrique, non c’è solo la filosofia di gioco, ma anche il modulo: 4-3-1-2, con un regista basso e due esterni difensivi alti. D’accordo: ma un conto è avere sulla trequarti e un conto : sono due calciatori completamente diversi. Non è possibile pretendere la stessa interpretazione del ruolo da un centravanti e da un trequartista. A Firenze, addirittura, per non cambiare modulo in inferiorità numerica, ha fatto entrare Josè Angel provandolo a centrocampo. Soltanto un altro allenatore della Roma era stato così rigido con i numeri e le caselle: Zdenek Zeman.

DIFESA - La squadra deve mantenere sempre lo stesso atteggiamento a prescindere dai calciatori che vanno in campo». Il credo di Luis Enrique è basato dalla convinzione che il suo sistema di gioco, abbinato a una logica di gruppo virtuosa, possa sopperire agli infortuni e alle squalifiche, rendendo quasi intercambiabili i giocatori. Forse è un’utopia, ma nel suo calcio ideale le cose funzionano così. Per questa ragione il modulo non cambia mai: il modulo è giusto e in parte, in certe partite, ha già dimostrato di essere efficace. Se ancora non è stato assimilato dalla squadra, non è sbagliato il principio. E’ sbagliata l’applicazione.

LA FASE DIFENSIVA

ACCUSA - Diciotto gol subiti in quindici partite e la continua sensazione di scarsa sicurezza. Davvero troppo per la difesa della Roma. La linea difensiva che Luis Enrique vuole, gioca molto alta. In fase di possesso del pallone i centrali si allargano e in mezzo ai due scala il mediano centrale, con gli esterni che a quel punto sono già all’altezza dei centrocampisti. In più i gol subiti da calcio d’angolo, già cinque: errori a cui la Roma non sembra trovare rimedio. La difesa giallorossa, insomma, non permette di dormire sonni tranquilli: troppi rischi e la minima disattenzione può risultare fatale. Il gioco, per ora, non sembra affatto valere la candela.

DIFESA - Luis Enrique vorrebbe potre disporre di difensori in grado di saper impostare l’azione. Giocatori bravi a difendere ma che sappaino anche giocare col pallone tra i piedi, perché la fase di lungo possesso che si sviluppa poi soprattutto nella metà campo avversaria, parte proprio dal limite della propria area. E il tecnico spagnolo non cambia in base all’avversario, anzi. Per lui sono le altre squadre a doversi adattare e non il contrario. Per quanto riguarda le palle inattive poi, Luis Enrique ha interpellato il guppo, cercando insieme ai giocatori di trovare la soluzione migliore: ma di fronte agli errori individuali (soprattutto di Heinze) non può fare nulla.

GLI ALLENAMENTI

ACCUSA - «Allenamenti troppo duri, eccessivi» sono stati giudicati da qualche componente la rosa giallorossa. Con Luis Enrique si suda. E, anche, si può incorerre in infortuni. Tante, troppe, le assenze con cui la Roma ha dovuto fare i conti fino a questo mometo, molte delle quali per infortuni muscolari. I casi di problemi ai flessori, con assenze più o meno lunghe, si sono ripetuti con una certa insistenza. E poi gli orari di lavoro, con la squadra che avrebbe preferito continuare con le sedute mattutine, mentre da qualche settimana si va in campo dopo pranzo, alle 14: la squadra deve essere a Trigoria alle 12 e perde così, quasi tutto il giorno.

DIFESA - Non sono troppo duri, lo saranno di più...» ha ribadito Luis Enrique alla vigilia della sfida di Firenze parlando degli allenamenti. Trabajo y sudor, è il motto con il quale il tecnico spagnolo si era presentato a Trigoria. In più, sempre prima della sfida con la , Luis Enrique ha indicato un modello: «Non ho visto come si allena, ma la , per come gioca, durante la settimana deve fare un lavoro enorme. Devono volare... Noi? Non voliamo ancora». Come a dire che secondo lui non è stata ancora raggiunta l’intensità giusta per poi non andare in difficoltà durante le partite e restare sempre lucidi, anche nei momenti di maggiore difficoltà.

LA SCELTA DEI SINGOLI

ACCUSA - Molti giocatori hanno capito poco il rilancio di Cicinho a Firenze. Non l’ha capito bene nemmeno Cicinho, che nelle precedenti 12 giornate di campionato aveva giocato soltanto 16 minuti contro il Siena. Poi era uscito di scena, ufficialmente per scelta tecnica: nel ruolo di esterno si sono alternati Rosi, Cassetti, Perrotta e Taddei. Domenica, improvvisamente, si è rivisto Cicinho. Al contrario, Fabio Simplicio era stato il migliore in campo contro l'Atalanta (segnando), poi si è dissolto. Ha rimesso piede in campo proprio contro la , a giochi fatti. Troppe stranezze, troppi misteri. Inspiegabili anche le sparizioni di Pizarro e Borriello: non giocano da fine ottobre.

DIFESA - La rosa ampia, che in assoluto comporta problemi di gestione, ha un unico vantaggio: consente di scegliere di volta in volta i giocatori più adatti per condizione psicofisica, anche a seconda delle caratteristiche degli avversari. Luis Enrique non ragiona a simpatie e non porta rancore per le discussioni. «Per convincermi un calciatore ha solo una possibilità: allenarsi sempre al cento per cento». Per questo ha tenuto fuori squadra a lungo Juan e sta ignorando da diverse settimane Borriello e Simplicio. Ha ripescato Cicinho perché non vede Cassetti a destra e perché ha preferito tenere Taddei sulla fascia sinistra e Josè Angel in panchina.

IL MISTERO DELLA FORMAZIONE

ACCUSA - Nessun giocatore della Roma capisce la formazione in anticipo. Il TotoLuisito quindi inganna anche la squadra. Nemmeno , che gioca al fantacalcio, è in grado di dare indicazioni attendibili ai suoi amici. L’incertezza dura fino all’arrivo allo stadio, quando Luis Enrique annuncia i nomi degli undici che partono titolari. E’ una scelta che delude gli esclusi e disorienta alcuni tra i prescelti, che magari non erano pronti a scendere in campo. Dopo 15 partite - e 15 formazioni diverse - la Roma non ha ancora trovato un telaio di base. Spesso l’allenatore sembra più interessato a stupire che alle effettive esigenze della squadra.

DIFESA -Bella forza: tra infortuni e squalifiche, non ho potuto ripetere mai la formazione che ho in testa. Non è stata una scelta. Luis Enrique ha spiegato pazientemente il concetto negli spogliatoi di Firenze. Quanto all’incertezza, l’allenatore crede che sia salutare e non dannoso tenere tutti sulla corda fino all’ultimo secondo. Se ogni calciatore spera sempre di giocare, tiene alto il livello di tensione. Scherzando, in conferenza stampa, Luis Enrique ha anche aggiunto che gli piace creare suspense. Più seriamente, invece, pensa che non concedere indicazioni all’allenatore avversario costituisca un vantaggio tattico importante. 

ISOLAMENTO DELL'AMBIENTE

ACCUSA - Ha scelto di vivere all’Olgiata, lontano dai rumori di Roma e anche da Trigoria. Dice di non leggere i giornali e di non guardare la tv: «Nemmeno i miei bambini la guardano» assicura. Rispetta il lavoro dei giornalisti ma non li considera interlocutori credibili. E per questo risponde in maniera spesso evasiva, per non dire chiusa, alle domande che gli vengono poste (solo in conferenza stampa, per carità). Questo non lo aiuta a chiarire. I tifosi? Li ammira per la passione ma in realtà non si è abituato alla loro pressione. A Riscone, in ritiro, è rimasto sorpreso quando ha visto le tribunette accanto al campo: «Mica vorranno assistere agli allenamenti...». Come se fosse un’invasione di ruoli.

DIFESA - Luis Enrique soffre. Soffre fisicamente quando le cose non vanno bene. Il suo atteggiamento disincantato e a volte sprezzante, stile Mourinho, nasconde un’emotività forte. Una volta, in qualche modo, è stato lui a chiarire il motivo dell’isolamento: «Non voglio ascoltare o leggere quello che si dice di me per la mia salute». Parole registrate, pronunciate in conferenza stampa. Più che ostilità verso il mondo esterno, la sua è una diffidenza forzata, scelta per lavorare in modo più libero e sereno. Luis Enrique non ha nulla contro i tifosi o contro i giornalisti, ma preferisce evitare contatti con chi potrebbe condizionarlo.

LA COMUNICAZIONE CON LO SPOGLIATOIO

ACCUSA - La mancanza, a volte, di chiarezza, è uno dei capi d’accusa che vengono rivolti al tecnico spagnolo. Il fatto, per esempio, di non spiegare agli stessi giocatori la natura delle scelte, non è molto apprezzato. Si potrebbe puntare su un maggiore dialogo, pensano in tanti. Poi, a fine partita, lo ha detto lui stesso, non va nello spogliatoio: quindi non c’è il primo confronto, quello a caldo, con la squadra. Infine, il trattamento riservato ai mebri del gruppo: tutti uguali per Luis Enrique, nessuna eccezione, neanche per quanto i cosiddetti leader. E questo, si comprende facilmente, non ha fatto piacere a tutti.

DIFESA - Il fatto che tutti, all’interno dello spogliatoio, devono essere considerati uguali, è una delle basi del credo del tecnico spagnolo. Su questo non transige, non perché particolarmente rigido, ma perché considera la regola fondamentale. L’esempio è fresco nella memoria di tutti: l’esclusione di Osvaldo, dopo il colpo rifilato a Lamela a Udine, è stata decisa dal tecnico «perché servono delle regole per controllare una squadra, e queste sono uguali per tutti. Anche per me». Oltre a questo, Luis Enrique non ritiene di dover sempre dare spiegazioni a tutti: lui è l’allenatore, è stato scelto per fare il suo lavoro, e non crede sia giusto dover rendere sempre conto.

LA GESTIONE DI TOTTI

ACCUSA -  ha cominciato la stagione in panchina, è stato sostituito da Okaka nel ritorno contro lo Slovan Bratislava, è diventato titolare inamovibile in campionato fino all’infortunio del primo ottobre. Poi ha giocato solo 23 minuti contro il Lecce. Spiccioli, in due mesi abbondanti di partite. E’ un’alternanza di valutazioni veramente curiosa. Può la Roma, questa Roma senza punti di riferimento, rinunciare al suo capitano? A Firenze, tra l’altro, le decisioni controcorrente sono state due: 1) l’esclusione iniziale; 2) il mancato inserimento dopo l’intervallo: lasciando in panchina ha mandato un segnale di resa alla squadra.

DIFESA -  non sta bene, ecco tutto. Quando le sue condizioni atletiche, oltre che fisiche, sono state giudicate accettabili, è stato utilizzato. Visto che mancavano Osvaldo, Borriello e , Luis Enrique ha chiesto a di partecipare alla trasferta di Firenze, pensando di farlo giocare nel secondo tempo con i giri della partita più bassi. Ma il risultato di 0-2, l’inferiorità numerica e il campo pesante hanno suggerito all’allenatore di risparmiare a un pomeriggio di difficoltà. Luis Enrique l’ha detto chiaramente. E’ stato un gesto di riguardo verso un campione e un simbolo romanista, non un distacco dalla partita.

I CAMBI DI RUOLO DEI CALCIATORI

ACCUSA - Una volta esterno, l’altra volta centrale, e ancora esterno sulla fascia opposta rispetto a quella della prima volta. E questo vale per i difensori. A metà campo lo stesso: una volta regista, un’altra mezz’ala, per non parlare di Perrotta e Taddei, ex centrocampisti ora trasformati in esterni. e Gago, sempre in mediana, si sono alternati nel ruolo di mediano centrale, e l’italiano ha giocato anche in difesa. Anche in attacco cambi continui. , impiegato ovviameente anche a metà campo, ha fatto spesso il trequartista, posizione ocuupata anche da Lamela, e Bojan. Per chiudere: , a Genova, ha fatto l’esterno di difesa. Il rischio è che i giocatori vadano in confusione.

DIFESA - Per Luis Enrique, il cambio continuo di ruolo da parte di un giocatore, rappresenta l’assoluta normalità. Facile per lui: ai tempi in cui era giocatore è stato in grado di ricoprire più posizioni senza mai accusare cali di rendimento. Ha fatto l’esterno, alto e basso, il centrocampista in linee a 3 o a 4 e la punta, centravanti o in appoggio di una prima punat vera. Da calciatore, il tecnico spagnolo, ha fatto tutto. Per lui inoltre, è fondamentale la duttilità: ama i giocatori in grado di svolgere più funzioni proprio per questo, perché permettono alla squadra di cambiare interpreti ma non il livello di rendimento, anche durante la stessa partita. Il modello ideale? Il .