La penna degli Altri 07/12/2011 08:50

De Rossi amaro: «Un miracolo se quest'anno arriviamo terzi»

Il passato non si dimentica Il fatto è che in questo momento — tra summit, faccia a faccia, dimissioni invocate e fiducia confermata — associare qualsiasi obiettivo alla Roma di Luis Enrique è quasi un insulto all'intelligenza dei tifosi, che ormai ne hanno le scatole piene («Se semo rotti er...», infatti hanno scritto ieri su un muro di Trigoria). Alla faccia della lungimiranza del progetto americano, sa che ora non conviene guardare al di là del proprio naso, lo scenario potrebbe spaventare. Il contratto non arriva — ma a Trigoria giurano che ora spingeranno sull'acceleratore — e la squadra sprofonda. Meglio aspettare che passi la nottata. Sono trascorsi cinque mesi dall'avvento di Luis Enrique, non abbastanza per dare un'identità alla squadra («Dobbiamo continuare a lavorare e migliorare per raggiungerla», dice ) nè per inquadrare un obiettivo. «È ancora presto, è tutto nuovo, impossibile immaginare ora in quale posizione saremo a fine campionato». Difficile pure mettere la mano sul fuoco che la Roma ci arriverà con Luis Enrique. A meno che non si trasformi magicamente in... Spalletti. «Se devo trovare un paragone col passato, dico che Luis Enrique mi ricorda Spalletti. E questa cosa mi fa sperare, perché con lui al primo anno cominciammo a giocare bene dopo Natale», ricorda l'azzurro.

Invidia Il che, però, significherebbe proseguire la caduta vertical nelle prossime tre partite, in testa. E qui nelle parole di si individua un pizzico di comprensibile invidia per i successi bianconeri. «A quanto pare il loro progetto è vincente, perché li ha portati in testa alla classifica. E hanno voglia di rimanerci. mi piace molto, è uno che vive la partita quasi come i calciatori, è uno che capisce di calcio e che ha dato concretezza. Soprattutto, non ha cercato nomi clamorosi, ma ha creato una squadra vera con i giocatori che aveva e con qualche innesto». A Luis saranno fischiate le orecchie?