La penna degli Altri 17/12/2011 10:39
Addio a Marini Dettina, un eroe

La loro missione, suicida, sarebbe stata quella di fermare i carri armati inglesi a mani nude. Pochi giorni prima dellinizio della battaglia, i paracadutisti italiani avevano ricevuto larma segreta. Si trattava di bottiglie di birra vuote. Con quelle, si sarebbero dovute fabbricare delle rudimentali bombe molotov. Gli uomini della Folgore, nascosti in delle fosse avrebbero dovuto attendere il passaggio dei tank nemici e colpirli alle spalle con le molotov. Fu questo lo scenario da incubo che vide i nostri battersi ad El Alamein. Nel reggimento di Marini Dettina, cerano, fra gli altri, Alberto Marchesi, ex giocatore di rugby del Roman Club, nonché superbo giornalista del Corriere dello Sport e Giorgio Capotondi, che anni dopo avrebbe diretto la sezione pattinaggio della polisportiva giallorossa.
A realizzarlo fu Enzo Monteleone (già sceneggiatore del film premio Oscar "Mediterraneo"), che raccolse personalmente la struggente testimonianza di Marini Dettina. Nellottobre del 1942 i mortai da 88 degli inglesi iniziarono a battere le trincee italiane giorno e notte. Gli Alleati, di tanto in tanto, lanciavano delle sortite, ricordava Marini Dettina: «I Maori quando attaccavano allarma bianca avevano labitudine dinnestare la baionetta, erano imbottiti di Rhum e venivano avanti con una decisione
addirittura come degli automi». A complicare ancora di più la situazione cera la scarsità di munizioni e la sete tremenda.
Il caposaldo comandato da Marini Dettina sostiene un urto tremendo (che varrà al futuro presidente della Roma una medaglia dargento al valor militare), gli inglesi, però, non passano ed anzi finiscono, a decine, per essere fatti prigionieri: « Scortavo ricordava Marini Dettina - un Maggiore inglese, che giunto al nostro Caposaldo vide che eravamo in pochi ed esclamò rivolto ai suoi uomini: Here are few men (Qui ci sono pochi uomini). La frase mi mise molto in pensiero, lo guardai e gli spiegai in inglese: Si, siamo pochi, ma le faccio presente che tutte le armi sono puntate su di voi». Il reparto di Marini Dettina ricevuto lordine, ripiega per quattro giorni e quattro notti senza rifornimenti di acqua e viveri, continuamente cannoneggiati e mitragliati dagli aerei nemici. Alla fine, circondati, i soldati italiani presentano la forza al Colonnello Camosso, ritto su una camionetta, per poi arrendersi. Gli inglesi concessero lonore delle armi. Concludendo il suo ricordo sullesperienza più grande della sua vita, Marini Dettina diceva: «Sono delle sensazioni contrastanti, di dolore e di orgoglio
certe volte ho anche invidiato quelli che sono morti lì
perché certo, il sacrificio è stato molto, purtroppo il riconoscimento non cè mai stato». Rientrato in Italia, allinizio degli Anni 60 si avvicina ai vertici dellAS Roma. Viene eletto Presidente generale il 1 luglio 1962, ereditando, una situazione economica pesantissima, con un passivo di 946.190.634 lire.
Nonostante questo (e pagando di tasca propria), il nuovo presidente vara un generoso, poderoso, quanto sfortunato programma di realizzazione della grande Roma. Dirigente moderno, ambizioso, fu il primo, proprio al momento del suo insediamento, a teorizzare la volontà di costruire un centro tecnico che mettesse la Roma, dal punto di vista organizzativo, sullo stesso piano delle società del Nord. Simbolo dei grandi investimenti di Marini Dettina, sarà lacquisto di Sormani, il famoso Mister mezzo miliardo, ma il traguardo più ambizioso centrato sotto la sua gestione sarà solo la Coppa Italia del 1964. A penalizzare gli sforzi giallorossi sarà anche linfelice scelta di una efficace guida tecnica (ad un certo punto il Club provò anche ad ingaggiare il vecchio Scopelli, allepoca guida dellAtletico Madrid, ma senza fortuna). Lasciato solo a sostenere il peso economico della Roma, Marini Dettina resiste finché può, cercando di non cedere i pezzi migliori: «Quando non ho ceduto Angelillo al Milan dichiarerà mi sono sentito un suicida economico» Nel febbraio del 1966, nel corso di un Assemblea sociale, dichiarò che gli ultimi mesi erano stati per lui: «i più tristi della storia della Roma. Il periodo delle fazioni, delle lotte, delle diffamazioni. Cerano parecchi elementi che volevano che io crollassi per entrare a far parte della Roma». Nel giugno 1968, Marini Dettina esce definitivamente di scena. Troppo signore per resistere oltre in un mondo, come quello del calcio, pieno di squali. Un galantuomo, un eroe di guerra, uno dei più appassionati dirigenti della storia della Roma.