La penna degli Altri 16/11/2011 09:28

Negretti: "Cara Roma, non avercela con me"


 

Negretti, domenica torna Roma-Lecce. Le dà fastidio essere ricordato solo per quella partita del 1986?

«Al contrario. Mi fa piacere, perché è una partita rimasta nella storia del calcio, anche se io ho continuato a parare anche dopo».

Si è discusso molto di quella follia: combine, calcioscommesse, premi a vincere.

«Se ne sono dette tante ma credetemi, sono cavolate. La verità è che capita ogni tanto un risultato incredibile. Capitò proprio a noi: buona partita, vittoria fortunata».

Negretti nemmeno doveva giocare. Entrò sull’1-0 per la Roma al posto di Ciucci. E parò tutto.

«Tornavo in rosa dopo un mese e mezzo perché avevo litigato con l’allenatore, Fascetti. Stefano Ciucci si ruppe lo zigomo, toccò a me all’improvviso. Una sorpresa».

Come sarebbe andata se lei non fosse entrato?

«Non lo so. Ma il destino ha deciso così. Sa che oggi Ciucci fa l’allenatore? Al Camaiore, in serie D».

Quante parate ha fatto Negretti quel giorno?

«Tante. Soprattutto nel secondo tempo, sotto assedio. Boniek e Pruzzo,  in particolare, provarono in tutti i modi a fare gol. E Boniek a un certo punto si innervosì». (...)

 

A fine partita?

«No, dopo, nel corso degli anni. Ogni volta che ho incontrato un giocatore o un dirigente tifoso della Roma mi sono sentito rinfacciare quella partita. Ma che dovevo fare io? Mica volevo creare problemi ai romanisti. Ero solo il del Lecce».

Come avete fatto a trovare motivazioni? Dall’altra parte c’era una squadra che avrebbe dovuto stritolarvi.

«Il presidente (Franco Jurlano, ndr) venne negli spogliatoi e ci disse di onorare il campionato. E noi sapevamo che quella partita sarebbe stata una vetrina. Tutto qua. Basta sospetti. Tanto è vero che la settimana dopo provammo a battere anche la ».

Che però vinse con lo stesso risultato, 3-2, in casa vostra.

«Cercammo di fare un’altra impresa. Ma in quel caso pagammo la presunzione. Sull’1-1 ci sbilanciammo per la voglia di vincere e beccammo due gol in contropiede».



E la gente, dopo Roma-Lecce 2-3, che diceva?

«Era incredula. Dopo le interviste rientrammo in campo per osservare meglio l’Olimpico, dove molti di noi non avevano mai giocato. Gran parte degli spettatori era ancora lì, tre quarti d’ora dopo il fischio finale, impietrita».