La penna degli Altri 13/11/2011 09:34

Luis meglio di Liedholm

Un gioco nel quale alla fine il migliore è Montella, ma si piazzano benissimo anche Capello e Zeman.

In che cosa consiste il gioco?

Nel conteggiare - dalle stagioni 1979 a oggi - i punti totalizzati dagli allenatori all’esordio sulla panchina della Roma nelle prime dieci partite di campionato, le stesse che ha giocato Luis.

Liedholm ha fatto 11 punti (uniformando tutti i risultati con tre punti a vittoria), Luis 14. Era il 1979 quando lo svedese, dopo l’esperienza negativa con Anzalone qualche anno prima, tornava a Roma per avviare il rinnovamento firmato Dino Viola, e anche quella - per certi versi - era una rivoluzione culturale. Ante litteram.

E da lì parte il nostro gioco statistico. É la Roma di Conti, Pruzzo, Di Bartolomei, del giovane e dei vecchi neo arrivi Turone e Benetti. La Roma in dieci partite vince 2 volte soltanto (a e in casa con l’Ascoli). Si stenta, ma alla fine arriverà la Coppa Italia dopo una delle mitiche finali contro il Toro, con Tancredi che para i rigori di Pecci e Zaccarelli. Tre anni dopo lo scudetto: un buon auspicio per Luis Enrique.



Luis meglio anche di un altro rivoluzionario straniero, Sven Goran Eriksson che, nel primo anno veniva chiamato «mister X» per la sua predisposizione, poco apprezzata ai pareggi: dieci partite in campionato, una sola vittoria e ben otto pari. Però di tutti, sempre dal 1979 a oggi, Sven è tra quelli che ha perso meno (insieme con Zeman e Capello): una sola volta, contro il Milan, sconfitta che si ricorda per il memorabile gol di Cerezo a San Siro dopo aver dribblato mezza squadra rossonera. La prima vittoria di Eriksson cade alla nona partita, in casa con la : 2-1, reti di Iorio su rigore e Giannini, che si stava facendo avanti per i continui infortuni di Falcao.

Luis, straniero meglio di altri stranieri, dunque. Dopo Liedholm e Eriksson, supera anche Boskov, primo e unico anno a Roma, stagione 1992-1993, senza lasciare tracce. Il tecnico slavo, in dieci partite colleziona tre vittorie, due pari e cinque sconfitte, tante quanto Ottavio Bianchi, suo predecessore che, al contrario di Eriksson o vinceva (cinque volte) o perdeva (sempre cinque volte), non pareggiava mai (zero su dieci, appunto). Ma Bianchi ha fatto un punto in più di Luis Enrique nelle sue prime dieci partite in giallorosso. Tornando a Liedholm: fa meglio di Luis solo quando ritorna a Roma nel ’87: cinque vittorie, tre pareggi e due sconfitte, diciotto punti. Ma era una delle ultime Roma di Viola. Declinante. La rivoluzione culturale era finita. Facile per Luis andare meglio di Del Neri (subentrato a Voeller nella stagione 2004-2005 alla quinta giornata), di Mazzone che, al primo anno, andò malissimo, con una delle più lunghe serie negative della Roma. La squadra di Carletto non vinse per 14 giornate consecutive, rischiò la B (basti ricordare il gol di Giannini a Foggia) e sfiorò miracolosamente la qualificazione in Coppa Uefa. Mazzone vinse tre volte su dieci partite, una con la .



Luis, invece, ancora non è riuscito a battere una big. Staccano di cinque punti Luis Enrique, Zeman, Capello, Spalletti e Ranieri che, per un motivo o per un altro, sono rimasti nel cuore ai tifosi della Roma. Uno, Capello, ha vinto lo scudetto, due (Spalletti e Ranieri) lo hanno sfiorato, un altro (Zeman) ha lasciato l’impronta per l’estetica. Luis almeno per questo è un seguace del boemo. Che, con Eriksson, è quello che ha perso meno, una sola volta, guarda caso, il derby, 3-1 (in questo Luis lo ha «imitato»). Ranieri nonostante la partenza lenta (è arrivato dalla terza giornata con la squadra in piena crisi), ha regalato un’utopia ai tifosi; Capello il suo primo anno stava addirittura per essere esonerato dopo la sconfitta casalinga con l’Udinese, poi restò e l’anno dopo vinse lo scudetto. Spalletti è ancora oggi rimpianto, anche se pure lui il primo anno non partì benissimo. Il migliore di tutti in questo gioco virtuale è Montella.

Le sue prime dieci partite con la Roma chiamano venti punti. Record di vittorie, sei. Montella è stato mandato via per puntare su Luis Enrique. Chissà se questo ha - in un senso o nell’altro - un significato?