La penna degli Altri 03/10/2011 12:53
Pizarro diventa un simbolo

Non era la prima scelta di Baldini e questo è un fatto noto. Ma si può iniziare a pensare che sulla sua scelta possano avere influito, più delle raccomandazioni di Guardiola, i contatti che lo stesso Baldini ha stabilito con l'allora tecnico del Barcellona B. Magari il modo in cui ha esposto le sue idee al cospetto del dirigente della Roma. Luis Enrique capace di rapire. Di rendere interessanti le conferenze stampa. Pur non dando quasi mai il titolo a nove colonne. Perché non è necessario, per attirare l'attenzione, urlare battendo i pugni sul tavolo o cercare il consenso popolare parlando in dialetto o scagliandosi verbalmente contro un avversario. La vittoria sull'Atalanta non è la certificazione che la Roma sia finalmente esplosa. Servono ancora tante controprove. Per esempio, finora gli attaccanti avversari hanno in parte graziato la squadra giallorossa, che concede in ogni partita almeno quattro potenziali azioni da gol. Al Cagliari è andata bene, le ha sfruttate a dovere. L'Inter che si oppose al Meazza tre settimane fa era la peggiore degli ultimi cinque anni. Il Siena, che avrebbe meritato la vittoria, ha mancato i tre punti perché sulle fasce attaccava con Angelo e Grossi e in attacco con Calaiò e Brienza, poi anche con Gonzalez, che pur giocando bene non sono campioni cinici e spietati. E il Parma ancora maledice Biabiany. In sostanza, la Roma giallorossa festeggia la seconda vittoria consecutiva, ma deve crescere. Per completare il percorso dovrà avvicinarsi alla perfezione. Che nel manuale del calcio di Luis Enrique significa tenere il più possibile l'avversario nella propria metà campo. Altrimenti possono essere dolori. La Roma non difende davanti alla sua area. Ma a ridosso di quella avversaria. Luis Enrique punta a recuperare palla pressando. Se salta un meccanismo, o cala il ritmo per stanchezza, si rischia sempre. Che si giochi contro il Siena, contro l'Atalanta, o contro Napoli e Juventus. Solo che affrontare contropiedisti come Lavezzi e Cavani può far aumentare il rischio che le ripartenze diventino letali. Ma la sensazione crescente è che la Roma possa realizzare il suo progetto tecnico perché Pizarro a fine partita esulta come se sabato ne fosse stato interprete di primo piano e mattatore. E non un semplice subentrato causa forza maggiore, potenzialmente deluso, e comprimario. Pizarro è nel progetto.
Lui che per tanti motivi, soprattutto tattico-comportamentali, era stato dipinto all'inizio della nuova avventura come la cosa più distante dal nuovo corso. Il cileno crede in Luis Enrique. Come il resto della squadra. Da Totti a Borini, da De Rossi a Burdisso e Rosi. Ciò che emerge è la compattezza. Che rende il rito pre match della carica con la squadra urlante in cerchio quasi suggestivo e non una semplice operazione mediatica da dare in pasto agli osservatori. La squadra è con Luis Enrique. Che evidentemente non era così stupido da voler scientificamente escludere questo Totti dai suoi piani come qualcuno (di troppo) voleva fare intendere dopo l'errore (comunque clamoroso) commesso dallo spagnolo contro lo Slovan. Che non ha chiesto, e ottenuto, Osvaldo solo per riproporre a Trigoria il clima di Barcellona (Osvaldo segna, e pure con continuità, con buona pace di chi lo ha preventivamente e malinconicamente cassato ancora prima di poterlo giudicare sul campo). Heinze pur non avendolo messo in cima alla lista delle preferenze, non viene bocciato (e con lui bocciata la scelta di Sabatini), solo perché ha fatto due volte panchina a inizio stagione. Troppe sentenze. Troppa pregiudizi. Forse troppa nostalgia. Di sistemi (non necessariamente tattici) e meccanismi che non ci sono più. Spazzati via da una ventata di nuovo che non può ancora dare garanzie e certezze di vittoria, ma che senza ombra di dubbio è figlia delle idee chiare e serie di gente competente. Che ha convinto una squadra intera. E sta convincendo una tifoseria che nutre fiducia in Luis Enrique almeno quanto Totti, gli altri senatori, e pure gli ultimi arrivati. Perché il tempo dirà se Luis Enrique farà epoca o meno. Ma quel poco tempo che è passato da quando lo spagnolo è arrivato basta per certificare che Luis Enrique ha delle idee convincenti e che riesce a esporle senza mandare a memoria i copioni e interpretarli in conferenza stampa per crearsi il personaggio. Chissà se sta convincendo chi ancora crede che guadagni troppo in epoca di recessione e di fair play finanziario.
Augusto Ciardi
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