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La penna degli Altri 11/10/2011 10:49

Per la Roma ci sono pure i cinesi

LA SITUAZIONE - La notizia, pubblicata ieri dall’inserto finanziario di Repub­blica, merita un ap­profondimento. Il soggetto in questione si chiama China Inve­stment Corporation ed è un fondo sovra­no,cioè controllato direttamente dal go­verno cinese, costi­tuito nel 2007. Ha una dotazione spaventosa (c’è chi dice 200 mi­liardi di euro, chi ad­dirittura 300) e una quantità enorme di denaro già piazzata proprio negli Stati Uniti, in particolare nella finanziaria Blackstone Group e nella banca Mor­gan Stanley. I responsabili del fondo cinese hanno incontrato più volte i dirigenti di Unicredit, manifestando la disponibilità (generica, per ora) ad acquistare fino al 20 per cento della quota azionaria in possesso della banca. Che per evitare di partecipa­re in modo massiccio all’aumento di capitale da 100 milioni ha fretta di li­berarsi delle azioni della Roma.

LA PRELAZIONE - Ma nessuna opera­zione può essere ultimata senza il consenso dell’azionista di maggioranza, cioè la cordata guidata da Thomas DiBenedetto. Secondo i pat­tiparasociali firmati al momento del passaggio di proprietà, Unicredit ha il diritto di cedere fino al 35 per cen­to della sua partecipazione (che in to­tale arriva al 40%) entro il 30 marzo, purché gli interlocutori siano im­prenditori italiani qualificati. E’ dun­que possibile che la manovra di Uni­credit («E’ una di quelle chiacchiera­te che nove volte su dieci si concludo­no in un nulla di fatto» dicono dalla banca) tenda ad attrarre investitori italiani entro la fine di marzo, più che a una trattativa reale con il fondo go­vernativo cinese. Anche perché, do­po il 30 marzo, il gruppo Usa può pa­reggiare qualunque offerta arrivata alla banca per rileva­re la quota di mino­ranza.

LE TAPPE - Ieri dall’en­tourage di DiBene­detto è trapelato un po’ di stupore per questa storia. Prima di commentare, vo­gliono vedere con i lo­ro occhi l’offerta del­la Cina per poi (nel caso) approvare l’in­gresso di un socio non italiano. [...]

Più urgente è l’accettazione dell’Opa da parte dei piccoli azionisti: da giovedì si comin­cia ma al prezzo riconosciuto di 0,6781 euro (-39,71% rispetto a sei mesi fa) è probabile che quasi nes­sun socio accetti di cedere le proprie azioni. Tra questi, udite udite, anche , che ha deciso di conservare la sua quota, comunque molto inferiore rispetto all’acquisto avvenuto nel 2004 durante la ricapi­talizzazione dei Sensi (all’epoca un milione di azioni). La Roma ha pron­ti 30 milioni di euro per rastrellare il 33 per cento del mercato ma alla fi­ne risparmierà parecchi quattrini.